Tuesday, July 31, 2012

L’uomo mancante a se stesso


Emanuele Severino, in una recente intervista, ha affermato che quello che l’uomo cerca sempre di evitare è il dolore e la morte. La dichiarazione dell’accademico potrà forse dirsi vera entro certe filosofie o per le epoche antiche, ma bisognerebbe notare che l’uomo contemporaneo è fatto, in proposito, di ben altra pasta. L’uomo del mondo nuovo ha ormai smarrito gli orizzonti della morte e del dolore, non perché questi siano stati cancellati, ma perché è diventato talmente incosciente e inconsapevole di sé da non sentirli più quali orizzonti propri. L’uomo contemporaneo si indirizza al consumo, alla pianificazione materiale, all’acquisizione di cose e certificati, ai programmi ed al guadagno economico e questo è tutto quanto gli è rimasto della vita. La sua esistenza gli appare come un grande gioco di profitti, perdite e pianificazioni dal cui orizzonte è scomparsa la morte, il dolore, ma anche la passione, l’amore, l’empatia, la ricerca di senso e la conoscenza. Anzi, l’uomo contemporaneo sacrifica sull’altare delle sue illusioni proprio quei sentimenti che rendono l’umana misura alla vita. L’uomo contemporaneo ha annullato se stesso fino al punto da non riconoscere più l’annullamento (in altri termini si direbbe che si è abbandonato all’alienazione). Quest’uomo nuovo ha sposato il non-senso in maniera talmente radicale da non riuscire a riconoscere null’altro dalle sue illusioni e per questo pianifica, sceglie e programma come se la sua vita ed i suoi giochi fossero indubitabili e infiniti. L’uomo contemporaneo, come i suoi progenitori, ha certamente ancora paura di ciò che potrebbe accadergli domani, ma ha al tempo stesso completamente rimosso il pensiero di dove conduca il cammino della vita. Fino a poche generazioni addietro si aveva ancora coscienza, anche linguistica, della temporaneità e caducità dell’esistenza e la si accettava per la sua naturalità: pulvis et umbra sumus. L’uomo contemporaneo sembra abbia invece dimenticato tutto di sé, abdicando ad un pseudo dover-essere dettato da deliri collettivi e globali e pare raggiunga ormai il dolore e la morte in maniera puramente accidentale.

L’uomo contemporaneo, perso nei suoi costrutti, è così convinto della sua potenza da pensare di poter pianificare anche contro il destino e contro il cuore. Suddito della tecnica, crede di poter pre-vedere l’esistenza e, per questo, si illude di riuscire a pianificare fino ad aggirare gli orizzonti umani di dolore e morte, anche perché spera nel soccorso della tecnica che, secondo lui, lo aiuterà a sconfiggere il dolore e posporre la morte. Per questo l’uomo contemporaneo si allontana dalla religiosità, anche se la sua è più una defezione che un allontanamento dal divino; avendo per millenni interpretato l’Eterno come la potenza suprema egli ha ora liberato la tecnica, ossia una potenza più materiale e vicina cui allearsi, abbandonando il divino solo perché non lo rassicura tanto quanto la tecnica (ma ci sono anche quelli che, tanto per non farsi mancare nulla, tengono da una parte la tecnica e dall’altra la religione). Autenticamente vivo è, però, chi sente e comprende, come i poeti, che nella vita c’è più delle cose (Hegel ribadiva che la coscienza è più forte della morte perché la oltrepassa), ma l’uomo nuovo è stato astutamente accecato alla luce.

E’ evidente che un individuo che ha rimosso dall’esistenza la morte, il dolore e le passioni, ha anche rimosso ogni forma di pensiero profondo e di sapientia perché queste lo ricondurrebbero nuovamente a quelle verità e quegli enigmi che preferisce invece provare ad aggirare. Da qui il sorgere di un mostruoso apparato (l’Odradek?) per conseguire la negazione dell’esistere dentro la vita: mezzi di distrazione di massa, traguardi apparenti, finti conseguimenti, giochi sociali ed economici con i quali provare ad eludere e ingannare il tempo e respingere la coscienza del memento mori. La nostra è un’epoca di scombinata stultitia e incoscienza, come pensare allora che possa invocare o avvicinarsi a ciò che non le assomiglia per niente? 

(Dr. Divago)

Friday, July 27, 2012

Brevissima digressione sull’alienazione



Quando Theodor Adorno, riecheggiando il concetto di alienazione in Marx, dichiara «Es gibt kein richtiges Leben im Falschen» che, tradotto per quanto possibile, significa «Non può esserci vera esistenza in una vita falsa», questo significa anche che il gergo dell’inautenticità non può parlare la lingua della veram vitam. Tra la perduta gente, però, l’alienazione appare non come la forma d’esistenza migliore, ma come la sola forma d’esistenza possibile. All’hombre-masa (uomo-massa), spiegato e sezionato da Ortega y Gasset, le bieche prebende dello Spätkapitalismus bastano e avanzano. Diversamente da quanto si possa credere a prima vista, il mondo massificato e deumanizzato in cui vive la medietà è proprio quel mondo in cui si trova a suo agio e che aveva in testa fin dal primo momento e farebbe davvero fatica persino ad immaginare un mondo diverso.

Per comprendere la disperazione è necessaria la riflessione, ma l’hombre-masa rigetta la riflessione (e Adorno questo lo sa molto bene perché ha studiato Kierkegaard in profondità). L’hombre-masa considera se stesso pressappoco come uno dei personaggi in cerca d’autore pirandelliani, il suo carattere è quello che gli viene attribuito sulla scena collettiva, ma egli non è una comparsa quanto un protagonista attivo della storia: la silent majority, la maggioranza silenziosa, cara a Richard Nixon. Aldous Huxley, invece, li chiamerà i gamma: «We’re not too stupid, we’re not too bright, to be a Gamma is to be just right, Non siamo troppo stupidi, non siamo troppo intelligenti, ed essere un Gamma significa essere normali». Il mondo intero, lasciato al dominio della medietà, sembra sia così precipitato nel griogiore di una spaventosa pseudo-normalità che vuole tutto uguale a se stessa: «Masa es todo aquel que no se valora a sí mismo – en bien o en mal – por razones especiales, sino que se siente “como todo el mundo”, y, sin embargo, no se angustia, se siente a salvo al saberse idéntico a los demás. Massa è tutto ciò che non valuta se stesso – né in bene né in male – mediante ragioni speciali, ma si sente “come tutto il mondo”, e tuttavia non se ne angustia, anzi si sente a suo agio nel riconoscersi identico agli altri» (La rebelión de las masas). L’hombre-masa è anche un relativista assoluto e così non si astiene dal male, ma vi è indifferente (così come al bene), la sola cosa che sembra intenda è ciò che ritiene utile a sé e per questa ragione è pronto e capace a tutto.

Nell’ambito della desperatio della società contemporanea l’uomo ha sconfinato nei territori del nulla e tutto ciò che sa d’umano lentamente scompare: sembra conti unicamente il minimo comun denominatore; svaniscono allora il vero amore, l’empatia, la solidarietà o l’amicizia autentica e tutto viene omologato e fatto in serie, si tratti di sentimenti o pensieri. Tutto ciò che c’è ancora di umano svanisce dunque sotto gli strali del sole nero dell’omologazione e resta solo la somiglianza primordiale agli atteggiamenti dominanti del branco che trasforma gli uomini in ambigue copie di carta carbone gli uni degli altri. In un decennio particolarmente significativo riguardo al trionfo delle masse Emile Cioran, poco più che ventenne, scrisse un trattato memorabile sulla disperazione: «Gli uomini in perfetta salute, normali e mediocri, non hanno né esperienza dell’agonia né il sentimento della morte. Vivono come se la loro vita avesse un carattere definitivo» (Al culmine della disperazione, 1934, trad it. p. 34). Proprio nella stessa epoca in cui Cioran approfondiva la tragedia dell’uomo moderno, l’attrice e regista di regime Leni Riefenstahl invocava invece l’altisonante Triumph des Willens, il Trionfo della volontà, associando, implicitamente, quantomeno nell’intento del suo filmetto propagandistico, una sorta di gioioso asservimento collettivo alla presunta volontà delle masse. Eppure, già a suo tempo, il grande Socrate parlava sempre ad un uomo solo e l’arguto Cicerone insegnava a diffidare della presunta volontà collettiva Senatores probi viri, Senatus autem bestia che, reinterpretato, diventa: un uomo solo è buono e onesto, ma una massa è una mala bestia.

Il “gamma” non può né sa più riconoscere in sé nulla che sappia ancora di umano, anzi, per colui che vive nell’alienazione più profonda, ogni parola autentica gli sembrerà una parola d’orrore. Per questo sono subito pronti e proni a trasformarsi in volenterosi funzionari volontari dell’apparato (cfr. il libro di Daniel Goldhagen, Hitler’s Willing Executioners‎, 1996, trad it. I volenterosi carnefici di Hitler, 1998), per discriminare e uccidere con tanto zelo i diversi, oppure per vilificare e trasformare in merci anche le parole dei sapienti.

Mai, come nella nostra epoca, le domande fondamentali degli esseri umani sono state taciute fino a questo punto, oppure vi si sono date risposte ad altezza della banalità del tempo. Negli Stati Uniti, tanto per fare un esempio, basta guardare pochi minuti di un canale dove sbraitano dei telepredicatori (cor exercitatum avaritiae habentes maledictionis filii, II Pietro 2:14) e ci si accorge con chiarezza come un messaggio complesso e strutturato come quello biblico venga vilipeso e ridotto a brandelli da gettare ad una folla ormai resa cieca da quella luce che fa risplendere la terra di trionfale sventura (Adorno). La sintesi concettuale che emerge dall’annientamento delle Scritture proposto da questi nuovi barbari è che l’Eterno, l’universo, l’esistenza intera sono per le misere concupiscenze dei piccoli uomini. Del resto, chi ignora il significato svuota tutto di significato (sull’argomento televangelisti suggerirei la lettura dello splendido articolo di John MacArthur, A Colossal Fraud, Una frode colossale, http://www.gty.org/Blog/B091207).

In quanto società, gli uomini agiscono sempre secondo sistemi di credenze, ma per coloro che vivono in quel particolare sistema questo appare come naturale e non come il prodotto di un contratto sociale, anzi appare come il solo mondo possibile. Quando in Campo de’ Fiori bruciavano Giordano Bruno c’era una folla festante e urlante che non aveva neppure lontanamente idea di chi fosse quell’uomo che portavano al patibolo o cosa significasse il suo pensiero, ma aveva il solo gusto di veder ardere sul rogo uno che non gli assomigliava. Questa è la stessa folla, massa, gamma o perduta gente che, da sempre, accompagna i dettami del non-essere. Non sono mai cambiati, hanno appena svestito una veste per indossarne un’altra.

Se c’è un personaggio astorico questo è proprio l’hombre-masa: oltre duemila anni fa urlava Barabba mentre oggi vota nel chiuso di una cabina elettorale di compensato, ma la sua bava non cambia. L’ hombre-masa è talmente impegnato da se stesso, dai suoi follicoli ed escrementi, da non avere tempo né passione per null’altro e per questo gli piacciono tanto questi poveri ricchi del nostro tempo, una minoranza di piccoli incoscienti senza fantasia né senso di alcunché ma con uno spropositato senso di se stessi. Gli piacciono così tanto da metterli a capo della tribù globale. La scomparsa delle capitali culturali è, poi, solo l’ennesimo segno di un’epoca che ha abdicato all’avere ciò che invece spetta all’essere.

Tutto ciò che la medietà intende, e attraverso cui definisce se stessa, è la sola sopravvivenza materiale e questo è tutto il suo povero mondo senza orizzonte, questa è la sola realtà con cui si confronta. Oggi, poi, è l’epoca trionfale delle masse e della medietà incontrastata e incontrastabile! L’omologazione sembra abbia raggiunto ogni vetta anche in virtù del fatto che pochi furbettini con le tasche piene, controllando con cura i mezzi di condizionamento di massa, propongono una lunga schiera di minus habens quali modelli da emulare. L’hombre-masa pare abbia così conquistato ogni rocca trovando facce uguali alla sua in ogni luogo: capi di Stato e premi Nobel gli assomigliano e forse anche per questo l’arte non riesce più ad esprimere neppure i volti, non riuscendo a mettere una faccia su una tela o su una statua, trovandosi così costretta a ripiegare e rifugiarsi nell’informe, su ciò che non assomiglia al volto di quell’opprimente mediocrità che scruta da ogni dove. E guai a non assomigliare a quella faccia piatta che appare ovunque, poiché se l’uomo dello Spätkapitalismus è profondamente patetico è, allo stesso tempo, anche estremamente pericoloso: We’re not too stupid, we’re not too bright, to be a Gamma is to be just right.

(Dr. Divago)

Thursday, July 5, 2012

Fantasy Physics o del ritorno dell’etere


Di recente il Cern sta dilettando il pubblico mondiale con annunci tanto plateali quanto mirabolanti: prima un neutrino più veloce della luce, adesso la scoperta del “bosone finale” – i lettori potrebbero forse già chiedersi: ma se è un bosone, ossia se appartiene ad una specifica famiglia di particelle subatomiche, come può essere così definitivo come dicono? La risposta che, tra le altre, darebbero i “cernofili” è: perché dimostra l’esistenza del campo di Higgs. L’attuale vicenda del bosone di Higgs ha del resto radici lontane nel mondo della fisica contemporanea ossia nell’aver ormai da tempo radicato la scienza nella tecnica, lasciando che siano le macchine a fare il lavoro della mente umana: di recente è persino stato attribuito un premio Nobel (Smoot e Mather) ad un satellite (COBE) che ha misurato alcuni aspetti della radiazione cosmica di fondo. Solo a titolo di aggravante, George Fitzgerald Smoot III, uno dei vincitori del Nobel per la misurazione effettuata da COBE, ha anche partecipato ad una trasmissione televisiva a quiz negli Stati Uniti, vincendo oltre un milione di dollari, così come ha anch’egli partecipato ad una puntata dello show televisivo The Big Bang Theory (cfr. il post precedente Inequality and Instability). Bisogna ancora aggiungere altro?

A proposito del bosone di Higgs alcuni potrebbero anche affermare che rappresenta il tracimare della cosmologia nella fisica teorica, poiché questa particella è particolarmente rilevante per le teorie sull’origine dell’universo.

Un lettore del Corsera ha brillantemente commentato l’annuncio della mirabolante scoperta scrivendo con grande arguzia: “la Monade!”, eccellente appunto che, con una sola battuta, denuncia il feticismo monista della nostra cultura. Poi ci sono i soliti scellerati che parlano di fine della fisica, spiegazione ultima, particella di D-o, etc. Ma dover subire sciocchezze è uno dei molti tratti di quest’epoca dell’opinione. Pochi hanno ricordato che i dati dell’esperimento non sono quelli che ci si attendeva – e questo in fisica dovrebbe essere significativo. Il fatto che si provi a “pensare positivo” dipende anche dalla speranza che esperimenti futuri cancelleranno queste discrepanze. Forse bisognerebbe anche ricordare che è dagli inizi dell’avventura nel mondo subatomico che ad ogni nuova scoperta si pensa di aver finalmente trovato la particella fondamentale: prima era l’elettrone, poi il protone, dopo i quark, poi i prioni... ed ogni volta l’illusione monista è stata spazzata via dalla meravigliosa complessità della physis.

Ora, oltre al fatto che i bosoni posseggono una natura estremamente complessa: possono essere elementari o composti e sono opposti ad un’altra categoria di particelle detti fermioni che obbediscono ad altra legge (Principio di esclusione di Pauli), ci sono ancora un numero di problemi innumerevoli da risolvere riguardo ai bosoni che non necessiterebbero davvero di tutta quest’attenzione mediatica su un bosone scalare come quello di Higgs se non fosse per gli imponenti finanziamenti che sono stati versati ai signorini del Cern. Meccanismi dati per certi, se meglio analizzati, mostrano una natura completamente ambigua (per una mente attenta il contrasto con i fermioni è in sé rilevante). Il modello standard ha certamente una sua coerenza ed è funzionale agli esperimenti, ma si basa anche su un numero tale di assunti che mostrano ancora la sua natura di teoria di transizione (i gravitoni sono, ad esempio, parte del modello e sono “particelle” non rilevabili). E’ evidente che le interazioni di H0 [Leptoni; Quark; W+, W-, Z0; Gluoni] contengono ancora altre interazioni, ma allora perché questi signorotti non se ne accorgono? Se una particella finale potesse davvero “esistere” questa non sarebbe computabile né, tantomeno, rilevabile – un esempio classico, anche se ormai dimenticato o ignorato, di particelle non rilevabili è quello offerto dai tachioni, ossia una conseguenza della relatività non dimostrabile sperimentalmente. E per coloro che sottovalutano le conseguenze teoriche bisogna ricordare che i tanto famosi Buchi Neri sono una conseguenza teorica delle equazioni di campo di Einstein elaborate da Karl Schwarzschild e da altri in seguito.

Ma torniamo al mirabolante bosone di Higgs: un’ottima intervista è stata rilasciata dal decano della fisica sperimentale italiana Ugo Amaldi su http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/amaldi-dopo-il-bosone-altre-sorprese.aspx. Il fatto che noi pensiamo “esista” (questo termine applicato al mondo subatomico avrebbe mandato Niels Bohr su tutte le furie) o possa esistere qualcosa come una “particella finale” testimonia solo la nostra mentalità monista che ci impedisce di vedere altre relazioni nella materia e comprendere fatti pertinenti all’intricata natura del reale. Oppure questa scoperta ci dirà in che genere di universo viviamo? Scusate la mia ignoranza (è l’unico infinito che posso permettermi), ma questa scoperta è davvero in grado di spiegare il rapporto di 1032 tra la forza debole e quella gravitazionale (problema della gerarchia)? Oppure a cosa è dovuta la differenza tra la massa di H0 e quella di Planck? I nuovi risultati offrono davvero una soluzione al problema μ? Avremo allora a breve anche gli higgsinos? Oppure sono caduti nel dimenticatoio? Si potrebbe continuare a lungo poiché le vie della fisica subatomica sono particolarmente belle, intricate e piene di svolte repentine e trabocchetti affascinanti da investigare con l’ausilio di domande proprie e mirate (Ah! Se magari qualcuna tra queste menti eccelse si fosse presa la briga di guardare meglio nelle equazioni di campo di Einstein come già fece a suo tempo il grande Gödel...), ma ormai abbiamo scoperto la particella che tutto spiega e fino a qualche giorno fa ne avevamo persino una che andava più veloce della luce, allora che ce ne facciamo delle domande attente? Ancora una volta: aut tempora...
(Dr. Divago)