Tuesday, February 19, 2013

La società dell’illusione



Alla domanda: “qual è il vero punto di forza del Capitale e dei potentati contemporanei?” Alcuni risponderebbero: “la produzione”, “il denaro”, “il plusvalore”, “la catena di montaggio”, “la globalizzazione”, etc. tutte osservazioni corrette e, al tempo stesso, parziali. A dispetto di quanto i materialisti credono, anche i più gretti e peggiori come il non compianto Milton Friedman, l’uomo non è mai mosso da fini materiali, ma dalle sue finzioni. Ogni società possiede i suoi miti e coloro che gestiscono la società globale questo lo hanno capito da tempo e sono ben consci che il vero punto di forza del Capitale non è la produzione, la domanda e l’offerta o le altre prebende, ma le sue illusioni mirabolanti. L’illusione del benessere visto solo come un fatto materiale, del denaro capace di comprare tutto, il mito del successo, dell’immagine, il sogno di vincere anche la morte attraverso tecnologie mediche e altro ancora. Sono queste le illusioni alle quali i piccoli uomini si appoggiano per schiacciare la vita vera e costringere la gente a decisioni che altrimenti non prenderebbe mai. Oggi si pensa di decidere con la mente calcolante che pretende di trasformare ogni aspetto dell’esistenza in numeretti, ma invece si decide pur sempre nella cornice di una bella illusione creata ad arte da pochi furbetti. È singolare osservare come l’illiberalismo capitalista contemporaneo, appena mascherato da un velo di rozza propaganda, non venga ormai quasi più percepito e da molti menestrelli ritenuto persino alla fine. Da un altro punto di vista, la presunta crisi attuale potrebbe invece mostrarsi come un riassetto planetario delle forze del grande capitale che, utilizzando i suoi soliti sgherri, sta regolando i conti con la classe operaia in quei luoghi del mondo ove essa ha avuto l’ardire di sollevare la testa. Fin quando hanno avuto bisogno di far uso della carota, allora l’hanno utilizzata, ed ora che la produzione globale consente anche una delocalizzazione pressoché totale, stanno semplicemente tornando al bastone.

La vita è fatta di istanti e non di cose e siccome gli uomini sentono più di quanto comprendono, sono necessarie mitologie sociali potenti e condivise per distorglierli da ciò che essi realmente sono o potrebbero essere. Ogni mito è in sé neutrale, quello che importa è l’uso che ne viene fatto. La società del Capitale ha allora inventato i suoi molti miti e gli innumerevoli giochi con cui riuscire ad abbindolare le genti. Bisogna sempre ricordare che, per quelli che contano, il denaro non conta, per costoro è appena uno strumento per il raggiungimento dei loro fini, un puro inganno perpetrato a spese dei semplici. Del resto come potrebbero altrimenti convincere le masse eterogenee ad essere produttive ed asservite ai loro fini? Per questo hanno creato il grande gioco con cui irretire i popoli. Ma non è il gioco del denaro, della finanza e dell’economia che concede il potere al Capitale quanto la semplicità degli uomini. La stessa semplicità che faceva sì che gli indiani d’America scambiassero pepite d’oro con perline colorate e “acqua di fuoco”. Diverte pensare che lo stesso uomo bianco che un tempo raggirava gli indiani credendosi astutissimo viene, a sua volta, ingannato in un gioco ancora più grande e di poco più complesso. Pensate che pacchia: liberali e repubblicani, teosofi e spiritisti, lustrascarpe e avvocati, comunisti e socialisti, radicali e persino molti anarchici giocano tutti allo stesso gioco, azzuffandosi solo su chi dev’essere a tirare i dadi o passare per primo. Nel mezzo di questa follia una sola cosa è certa: se un gioco così non ci fosse, i potenti dovrebbero proprio inventarlo!

(Sergio Caldarella, La società dell’illusione in Giornale del Nuovo Millennio, 16 febb. 2013)