Monday, August 29, 2016

Pensare il mare.

Recensione al libro Il Pensiero Meridiano di Franco Cassano.   

Ci sono libri sui quali si giocano interi destini, offrendo il senso di quelle correnti profonde, sovente nascoste, che nutrono il corpo vivo della cultura. Questi sono libri che, almeno in teoria, dovrebbero influenzare il senso e gli orientamenti di una cultura, rendendo visibili sentieri che, pur essendo da sempre dietro quella curva celata dai rovi e dalle ragnatele del tempo, non erano ancora stati esplorati, libri che, una volta pubblicati, dovrebbero mutare gli orientamenti e le categorie della cultura esistente. Quando, nel 1922, Oswald Spengler pubblicava una prefazione definitiva al suo ormai classico Tramonto dell’Occidente, egli riprendeva e correggeva il testo della prefazione precedente aggiungendo: “Nell’introduzione all’edizione del 1918 (...) dicevo di esser convinto che nel libro era contenuta la formulazione di un pensiero irrefutabile, tale da non dover essere più discusso una volta che fosse stato esposto. Avrei piuttosto dovuto dire: una volta che fosse stato capito”. E se, all’epoca di Spengler, o quantomeno all’epoca della prefazione, il pensiero andava soltanto capito, oggi la comprensione di un testo deve battersi in primo luogo contro un marasma di opinioni e paralogismi ad hoc che ormai diseducano le menti degli uomini indirizzandoli verso la sola manipolazione tecnica di cose e fogli di calcolo. Questa è una tra le ragioni per le quali risulta difficile, se non impossibile, l’imporsi di quei pensieri tanto necessari sia alla nostra epoca sia alla sopravvivenza della specie.
Nel 1996, la casa editrice Laterza ha pubblicato la prima edizione de Il pensiero meridiano di Franco Cassano, un libro che, nei vent’anni trascorsi, avrebbe dovuto influenzare radicalmente un pensiero culturale se ve ne fosse ancora uno in grado di emergere dal rumore e dalla confusione creata dallo pseudopensiero veicolato, oggi, dalla cultura ufficiale, da ogni mezzo di comunicazione generalista e dai loro gestori e piccoli esecutori. Difficilmente nel panorama italiano, così avvoltolato sulle proprie speculazioni localistiche, è dato trovare un testo di tale densità teorica come quello presentato da Franco Cassano. Già dal titolo, il volume di Cassano si presenta come un testo il cui valore di riferimento appare geografico-topologico eppure, interpretandone le strutture, si scopre in questo scritto non soltanto una lettura originale e multidisciplinare – una completa anomalia nell’accademia contemporanea – della modernità e dei suoi conflitti, ma anche una nuova chiave di lettura filosofica delle categorie di questo nostro mondo ambiguo e strano. Si sente, soprattutto negli ultimi capitoli, la traccia o il tentativo di un’analisi sociologica ma, sin dai primi paragrafi, si coglie la profondità di una filosofia attenta, capace di trarre intuizioni di significato da ogni spazio del mondo, dal mare alla foresta. Franco Cassano, in questo libro, riprende alcuni tra i temi principali della riflessione filosofica contemporanea intrecciandoli, abilmente, fino a mostrare falle insospettate in quella riflessione che aveva accolto ed ammesso la predominanza di pensieri che presuppongono il riflesso di altre geografie le quali, partendo da larghe pianure e foreste leggono una stabilità nel mondo che il mare, panorama del pensiero meridiano, invece non concede. Hermann Broch scriveva tempo addietro: “Coloro che vivono in riva al mare difficilmente possono formare un unico pensiero di cui il mare non sarebbe parte”. L’intera cultura Greca, una delle due grandi culture di fondazione dell’Occidente, è un grande pensiero con al centro il mare come elemento fisico e come dimensione dello spirito: Θάλαττα! θάλαττα!.
Il pensiero che avviene con lo sguardo diretto alla mutabilità del mare che, nel passaggio verso l’orizzonte, coincide con una fuga che l’occhio sente verso una delle infinità del tramonto, non può correlarsi al pensiero di colui che s’inerpica in una selva o che riposa sotto un cielo pallido e piatto, né coloro che vivono tra queste piatte lande potranno mai tradurre adeguatamente la complessità dei significati di un pensare vivo e intenso sorto tra le rive di mari verdazzurri come l’Egeo o il Mediterraneo. Non che i pensieri non siano traducibili, ma ad orizzonti diversi corrispondono ermeneutiche diverse. Nelle analisi su Heidegger e Carl Schmitt, partendo proprio dalla topologia del suolo germanico e la contrapposizione con l’illuminante centralità del mare, Franco Cassano scrive: “il mare opera uno sfondamento che apre la mente all’idea di partenza, all’esperienza di un’infedeltà che rende incerta ma anche più grande e complessa la fedeltà, che inventa la nostalgia, quel dolore e quel desiderio della patria che la fanno diventare interiore, compagna di viaggio di ogni viaggiatore” (p.16). Il mare contiene una dimensione che trasforma ed amplia il sentire, un’esperienza interiore e trasformativa non riassumibile nella sola esperienza esteriore. Tu vedi l’acqua e dici: “il mare”, ma il mare non è l’acqua che vedi e l’acqua che vedi non è ancora il mare.
In questo libro Franco Cassano presenta un pensiero che si caratterizza come “meridiano” che è, poi, quell’antico pensare che aveva dato luce alla filosofia dei Greci la quale è, pur sempre, una filosofia del mare, sorta tra l’Egeo, l’Adriatico, lo Ionio e il Mediterraneo e le narrazioni, poetiche o filosofiche, che questi hanno ispirato e generato. Sui mari del pensiero che determinano un pensiero del mare, sorgeranno archetipi letterari che incarnano intere filosofie da Abramo ad Ulisse, fino ai personaggi di Joseph Conrad o il tremendo capitano Achab traendo, a piene mani, da quel tipo dell’uomo mediterraneo, il primo uomo del mare, capace di essere, seguendo l’analisi di quello straordinario personaggio che era il marsigliese Gabriel Audisio, “cavaliere del mare” e “re contadino”, uomo tra terra e mare.
Franco Cassano, in virtù di un pensiero che possa dirsi “meridiano”, rivendica il senso dell’ambivalenza, la contrapposizione del continuo movimento-divenire del mare all’ombrosa stabilità delle foreste del Nord e dei monti dell’Est da cui nascono ben altri miti e ben altre filosofie. Cassano mostra, in questo testo, come il pensiero sia anche localizzabile tra le sue geografie, così “orientarsi nel pensiero” (Kant) significa anche trovare quella direzione che determinerà lo sguardo verso una direzione, estraendo dal mondo una filosofia che è anche un riverbero di quell’osservato e, per questo, abbiamo il mare come presenza fondamentale del “pensiero meridiano” per i Greci, ma anche come metafora e riverbero della vita umana, sempre in bilico tra essere e non-essere, tra la stabilità della terra e la natura infinitamente mutevole del mare di quell’uomo che sa di trovarsi sempre in un complesso equilibrio esistenziale tra terra e mare.


(Sergio Caldarella, Pensare il mare. Recensione al libro Il Pensiero Meridiano di Franco Cassano).