Friday, October 25, 2013

Lo stupore per quello che già tutti sanno e la scomparsa del popolo.

È difficile capire perché, in questo periodo, siano in così tanti a fingere di meravigliarsi delle varie intercettazioni da parte degli apparati di spionaggio degli Stati Uniti: in un recente articolo dell’Associated Press si parla persino di un’ipotetica fiducia infranta tra gli USA ed i suoi alleati (“US Spying Has Shattered Allies’ Trust” di John-Thor Dahlburg e Geir Moulson). Al di là del fatto che, già dagli anni ’60, si sapeva di programmi di sorveglianza delle comunicazioni quali Echelon, l’altro elemento rilevante è che gli Stati Uniti rappresentano il Paese di punta della globalizzazione economicista e per questo, ed a dispetto di tutti gli altisonanti slogan, sono la prima società del controllo (v. Deleuze) del pianeta. Come ci si potrebbe dunque meravigliare che una società che ha il controllo quale paradigma possa avere delle istanze in cui vi rinunzia? Che logica sarebbe mai questa? Sarebbe come dire che un ubriaco, messo da solo in una stanza con una bottiglia di vino, se l’è bevuto fino all’ultimo sorso. Tale “notizia” dovrebbe forse destare meraviglia? Come si dice nell’ambito giornalistico: “cane morde uomo non è una notizia, uomo morde cane lo è”. Le intercettazioni sono semplicemente coerenti con un modello di mondo che ormai domina incontrastato anche grazie al fatto che sono abilmente riusciti ad annientare la cultura autentica sostituendola con dei feticci servili e funzionali a questo sistema di prebende e coercizioni. I potentati, del resto, agiscono in maniera vile fin dalle origini della storia e sarebbe illusorio attendersi un agire contrario alla loro fondamentale natura che tende alla dimenticanza di sé e, conseguentemente, alla distruzione di tutto e tutti (è sostanzialmente l’apologo dello scorpione e della rana in cui lo scorpione che deve attraversare il fiume e uccide la rana che lo trasporta perché la sua natura è proprio quella di uccidere). In un tempo andato, era la cultura ad essere l’antidoto alla follia dei pochi, ma quella che i contemporanei chiamano cultura, ossia la “cultura ufficiale”, è l’ancella servile di questi poteri forti e ben coopera da tempo nella creazione di un homo novus integralmente funzionale ai fini di chi comanda.

Già da bambini, i cittadini di questo mondo nuovo globale vengono subdolamente abituati ad accettare acriticamente il sistema di potere e soggiogamento di cui sono al tempo stesso vittime e artefici. Del resto un sistema simile non potrebbe esistere senza un’immensa mediocrità umana e culturale quali suoi fondamenti. In America, così come in Europa o in Asia, con la complicità di un sistema corrotto com’è la scuola contemporanea, si viene anche abituati già dall’infanzia alla logica bestiale del cane mangia cane, il mors tua vita mea che, storicamente, indica la fase finale dell’Impero Romano e di ogni altra società. Del resto le borghesie ed i patriziati intendono solo il controllo ed il potere e le loro testacce infami altro non sono mai riuscite a concepire e questa pochezza è tutto quello che sanno proiettare sul mondo. Sono millenni che la specie umana soffre per il controllo che questi pochi mentecatti hanno assunto sulla struttura sociale grazie ad una serie di trucchetti e consociativismi e questo potere dei folli, a dispetto dei risultati mortali che ha sempre prodotto, aumenta invece di diminuire e sta lentamente conducendo l’intero pianeta alla sua distruzione. Siamo costantemente esposti e sottoposti allo sconcio di una società della diseguaglianza e del privilegio gestita da questi pochi che altro non comprendono se non conflitto e appropriazione, ed è uno sconcio al quale ci si è talmente assuefatti che non desta quasi più sconcerto. 
L’incremento del potere dei pochi che dominano i molti e la legittimità che oggi gli si attribuisce è anche un sottoprodotto della scomparsa del popolo trasformato in massa. Il popolo non è la massa, ma il suo contrario. Il popolo è vivo, ha una cultura, un'etica ed un carattere che la massa, soggiogata alla volontà dei pochi, non possiede. Il concetto di popolo è, però, stato corrotto dalle varie ideologie politiche e soggiogato dall’omologazione e da un benessere fatto solo di cose, finendo così per usare la parola “popolo” in maniera interscambiabile con la parola “massa”. Il popolo, diversamente dalla massa, sa guardare al potere con la leggerezza di un’ironia che ne smaschera le velleità e le molte corruzioni. Bertoldo è un personaggio del popolo ed è un sapiente che i potenti chiamano infatti buffone. Di fronte al potere che s’inalbera su troni e scrivanie il popolo sorride e li guarda con una sapiente commiserazione, mentre la massa li invidia e vorrebbe essere come quei pochi senza coscienza che sgomitano per sedersi sulle varie poltrone. La massa serve il potere, mentre il popolo può subirlo, temerlo o venirne irretito, ma non lo serve mai. I potenti e prepotenti pensano di capire sempre tutto perché vedono sempre e solo un lato delle cose, quello del potere, dell'ambizione, del possesso, ossia il lato dell’illusione, come provava a spiegare saggiamente Solone a Creso. Il popolo guarda invece al lato della vita, alla sua caducità ed alla sua ricchezza intrinseca.

La tecnologia altro non fa che estendere e potenziare spaventosamente l’infinitesima piccolezza umana dei pochi che dominano i molti. Trilussa, nel 1914, scrisse la poesia “Ninna nanna de la guerra” che spiega meglio di tanta storiografia la vera vicenda della Grande Guerra e non spiega solo quella, ma la natura stessa dell’oppressione di quel “covo d’assassini  che c’insanguina la terra” a danno dei molti ignari o ignavi.

Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d'un impero
mezzo giallo e mezzo nero.
Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Chè quer covo d'assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l’ombra d'un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!

I filosofi buoni, i poeti e tutti i grandi intellettuali e artisti sono quelli che, da millenni, denunciano questa viltà dell’uomo contro l’uomo pagandone le dure conseguenze, gli altri sono quelli che se ne stanno bellamente assisi in cattedra oppure quelli che si meravigliano con gran stupore di quello che già tutti sanno.

(Sergio Caldarella, Lo stupore per quello che già tutti sanno e la scomparsa del popolo in La Voce della Voce, Trimestrale di Cultura e Notizie. Bormio, Ott. 2013)