Tuesday, April 3, 2012

I ciambellani


Nella puntata dell’Infedele del 26 marzo 2012 condotta da Gad Lerner, il signor Carlo Galli, docente universitario ed uno tra i tanti piccoli ciambellani del nostro tempo, ha esordito con la dichiarazione secondo cui oggi “c’è un’idea della politica in qualche modo ‘platonica’ dove una classe di tecnici guida la città sulla base della sua superiore conoscenza”, una concezione dalla quale lui dissente perché “superata dalla democrazia”. Peccato che nessuno degli astanti, tra cui l’eminentissimo Paolo Mieli, si sia curato di correggere il professorino ricordandogli che la sua volgarizzazione destrorsa di Platone sarebbe forse andata bene per un’osteria, ma non di certo per una trasmissione televisiva che voglia dirsi colta – vengono i brividi pensando a chissà cosa racconta uno di questi ai suoi studenti. Il signor Galli non è comunque il solo nel suo attacco a Platone, anzi viene da pensare che egli ripeta pappagallescamente una vulgata sentita altrove. Del resto, per darsi ragione questa gente deve prima dipingere l’idea platonica in una forma grottesca per poi pretendere di ridicolizzarla attraverso banalità e luoghi comuni, ma questo è un vecchio trucco per abbindolare quelli che non sanno di cosa si parla. Se quella concezione da Galli succintamente esposta avesse alcunché di platonico allora si potrebbe anche ragionarci sopra, ma quella descrizione è più il frutto di un nozionismo liceale mal digerito che un’esposizione autentica dell’idea platonica – del resto l’ignoramus in cattedra è uno dei cardini primari di questo nostro grottesco sistema sociale e in Italia è una faccenda antica.
La situazione in cui si dibatte la società contemporanea è, in realtà, l’esatto opposto dell’idea platonica - costoro parlano invece di “ideale platonico” proprio per svuotarne il contenuto attuale. Le nostre classi dominanti, i novelli signori del mondo, non hanno né i caratteri né l’aspirazione alla sapienza o alla vita vera che Platone, invece, richiede come basi del buon governo. Le nostre classi dominanti sono quanto di più mediocre e volgare si possa trovare nella società e non parlo solo dei soliti Scilipoti, dei La Russa, Dalema, Fassino o degli Angelino Alfano. Questi sono appena la punta del peggio, poiché il malessere è generalizzato e non è solo un fatto italiano. Negli Stati Uniti basterebbe osservare i discorsi e l'attività di politicanti quali John Boehner, Paul Rian o Eric Cantor (i quali, in futuro, daranno molto filo da torcere al mondo) per capire che non è un problema esclusivamente italiano. Costoro sono gli uomini pratici, i πρακτικοι che pensano di sapere sempre tutto sulla vita e invece non ne sanno nulla. La sola cosa che a malapena sanno è come contare sassi e bottoni. Sanno senza dubbio come si fanno le piccole cose, sanno orientarsi nella selva, sanno come si ottiene questa o quell'altra cosa, una licenza o una patente, una pagella o una medaglia, ma tutto ciò che costantemente fanno è occuparsi sempre e solo del proprio anus e di null’altro. Conseguentemente, questa massa di persone menomate dentro che si affollano nelle posizioni di controllo dove potrebbero mai condurre una società se non al di fuori della vita vera?
Sembra proprio che lo pseudoindividualismo contemporaneo intenda se stesso proprio a discapito dell’individualità altrui mostrandosi, in sostanza, come una bieca revisione del mors tua vita mea e favorendo, in conseguenza, l’imporsi di basse pulsioni, egoismi, crudeltà e di una barbarie generalizzata che, sul lungo periodo, condurrà nuovamente ad infiniti lutti. Giambattista Vico ci ha del resto ben insegnato che la storia non procede linearmente, ma sale e scende in innumerevoli corsi e ricorsi.
Al mondo la nobiltà del cuore non muore certo, ma rifugge e cede attonita il passo alla barbarie di zappa e coltello.
Tra le tante cose si tende anche a sottovalutare fin troppo la trasformazione psicologica che i miti della società moderna hanno imposto all'uomo contemporaneo, nonostante egli sia in larga parte ignaro dei condizionamenti che lo hanno ridotto a questo punto l’ideologia è ormai una forma dominante dell’esistere e della determinazione politica e lo è in una maniera così permeante e ad un livello talmente radicale e capillare mai conosciuto da altre epoche. La situazione dell’uomo contemporaneo è preoccupante da dentro e da fuori. L’uomo massa sembra abbia perso ogni ontologia possibile perdendo, così, anche la nozione di se stesso definendosi unicamente sul meschino orizzonte dell’avere. Per questo la società attuale rifugge con grande sforzo, anche farmacologico, ogni genere di conoscenza autentica ed è massivamente impegnata a riscrivere anche il passato in funzione di questo minuscolo presente. A che servirebbe altrimenti la colossale industria dell’intrattenimento/condizionamento?
Alla base di quest’atteggiamento brutale verso il mondo e verso gli altri uomini c’è sempre, oggi come ieri, una spaventosa cecità sulle ragioni autentiche dell’esistenza umana barattata con una lista, più o meno lunga, di pappa e spesa. Misurare la vita in anni, cose, divani o denari significa non averne coscienza alcuna. Significa lasciarsi andare al brutale vaneggiamento da bestia secondo cui il mondo sia solo in ciò che c’è da toccare e da possedere e questo si contrappone al mondo da esperire attraverso la meraviglia e l’intelletto. E’ conducendo l’uomo per queste strade piene di rovi che hanno potuto escogitare un individualismo, o pseudotale, paradossalmente fondato sulla dimenticanza di sé. Un individualismo di esseri umani trasformati in copie di carta carbone gli uni degli altri.
Qualche tempo fa, mentre nel mondo c’era la guerra in Libia, Iraq e in Afghanistan, il terremoto e il problema nucleare in Giappone, problemi finanziari di ogni genere, venne chiesto ad un miliardario statunitense di nome Langone, quale fosse a suo parere il problema più grave del momento. Langone, con un ghigno significativo, rispose che il più grande problema degli Stati Uniti erano le proteste nel Wisconsin dove i manifestanti lottavano contro la sospensione del collective bargaining (il contratto collettivo nazionale di lavoro) da parte del governatore. Secondo l’anziano miliardario il problema più pressante di quei giorni non erano le varie guerre, la contaminazione nucleare o la disoccupazione, ma il contratto di lavoro collettivo dei dipendenti pubblici del Wisconsin! Sembrava quasi di rivedere il film Johnny Stecchino quando l’autista gli racconta che il problema peggiore per il quale la città di Palermo è nota in tutto il mondo è il “traffico tentacolare”.
Ovviamente per Langone questo era un problema perché la sua ideologia è parte di quella gente che vuole vedere il mondo in pezzi, quelli che pretendono di schiacciare l’universo intero sotto la loro bieca volontà di calcinacci e sangue. Se c’è una cosa che la sapienza antica ha sempre cercato d’insegnare è che non c’è uomo più pericoloso di colui che non sa cosa sia la vita vera.
Il potere è del resto una cristallizzazione della vita e, dunque, il primo sostituto della morte. L’incapacità di vivere di questi potentati viene mostrata con illuminante chiarezza dal fatto che non riescono neppure ad uscire dal meccanismo del potere arrivando ad un punto nella vita in cui riposarsi e godersi i frutti, meritati o meno, del loro lavoro. Warren Buffett, Rupert Murdock, Berlumponi e loro affini e consimili è gente che ad oltre settanta-ottant’anni, invece di riposare, si occupa ancora dei suoi traffici e affari! Ovviamente costoro ed i loro addetti stampa spacciano quest’incapacità di fermarsi come responsabilità, dedizione, etc. mentre è più semplicemente una spaventosa mancanza d'immaginazione e di vita: un grande letterato ha scritto che bisognerebbe che ogni tanto un poeta avesse una gran somma di denaro da spendere per far vedere ai ricchi cosa si può davvero fare con i soldi. Questi ricchi, invece, se non avessero il loro negotium non saprebbero cos’altro fare, questo significa che la loro intera esistenza è stata lentamente assorbita o succhiata dalla loro occupazione. L’uomo allora scompare e rimane appena l’occupazione, del resto Marx diceva che l’unico modo per sfuggire all’alienazione è proprio quello di abbandonarsi totalmente ad essa. Eccoli lì allora gli spettri viventi dell’alienazione con i loro occhiettini furbi che ti parlano dagli schermi o dagli scranni. La cosa più divertente – ma è humor nero – è che milioni di teste vuote li credano dei modelli da emulare e non degli esempi da rifuggire. Ancora una volta: o tempora o mores...
(Dr. Divago)