Tuesday, January 25, 2011

Kalon kakon


Beauty is the only way that leads to the truth.
(Sergio Caldarella)

Monday, January 17, 2011

The Galileian Paradigm

The Scientific Revolution of the 16th and 17th centuries was grounded in a new way of asking questions about the physical reality and found one of its most eminent representatives in Galileo Galilei.
The Galileian Paradigm discussed within this abstract consists of a picture of the world where the domain of science coincides with and is entirely reduced within the domain of measurement and quantities. For Galilei, “Whatever cannot be measured and quantified is not scientific,” and according to this worldview quantities are objective, impersonal and absolute. In post-Galileian science this statement has shifted further, as Laing stated, as: “Whatever cannot be quantified is not real.”
Beginning in the 16th century, the invention of new measuring instruments (telescope, microscope, thermometer, accurate clocks, etc.) brought forth and materialized the paradigm of an absolute measurability of reality. In the 300 years that followed, this paradigm dominated every instance of thought that aspired to be “scientific.”
It is with the third-class patent office clerk Albert Einstein that the new science started and the Galileian Paradigm began to fade. Einstein proved that measurement, the cornerstone of Galileian science, is not an impersonal event that occurs with impartial universality, but “a human act carried out from a specific point of view in space and time, from the one particular viewpoint of the observer.” After Einstein’s first contribution in 1905-06, Niels Bohr, Werner Heisenberg and the Copenhagen interpretation opens, in the mid ’20s, the road for a universe that is neither determinable nor quantifiable in any absolute way. It is the end of absolute measurement from the subatomic to the cosmological universe. Times are then mature for the passage from the matrix interpretation of Heisenberg to the wave interpretation of Schrödinger where the universe “exists” only as a series of indefinable approximations and within the limits of our relationship with it. As Heisenberg simply stated: “Natural science, does not simply describe and explain nature; it is part of the interplay between nature and ourselves.” In quantum mechanics the whole universe is considered not anymore as the sum of measurable quantities, but as an emerging property of the relationship between the observer and the observed. It is within this framework of the formulation of the Quantum Theory and the birth of this new science that we see the beginning of the separation of modern science from what we call here the Galileian paradigm. The aim of this paper is to discuss some of the aspects of the Galileian Paradigm, its breakdown in modern science, and how the new science on the large scale defines its validity against the conceptual categories of the so-called Galileian Paradigm.

(Abstract from: Sergio Caldarella, The Galileian Paradigm, in AA.VV. Physics in Context, Princeton 2011, pp. 136-49)

Friday, January 14, 2011

Posteri e storia


È curioso riflettere, oggi, sul fatto che i posteri saranno costretti a riscrivere la nostra storia purgandola delle truffe, manipolazioni, menzogne, occultamenti e mirabolanti scoperte di cui vanno tanto fieri i nostri contemporanei. Questi poveretti del futuro ai quali è demandato l’ingrato quanto titanico compito si troveranno di fronte all’oceano di pula delle parole inutili dalle quali dovranno pazientemente filtrare le gemme rimaste. Parte del lavoro di scrematura, come sempre avviene, sarà già stato compiuto dal tempo, anche se la particolarità della nostra terribile epoca e il delirio che essa ha imposto alla bellezza sarà, nonostante l’aiuto del tempo, difficile da scrostare. Nessuno, del resto, può dirsi innocente; né quelli tra noi che si sono astenuti dal correre nella maratona della stupidità e del delirio né, chiaramente, coloro che ne sono stati artefici e tedofori. I primi perché, di fronte al delirio, hanno esaurito le forze, riuscendo a malapena a ripararsi nel silenzio di una caverna di libri o nell’esilio, gli altri perché hanno voluto imporre al mondo ogni goccia della loro violenza e arroganza, pretendendo di abbassare qualunque cosa all’arbitrio della loro volgare miopia. Alla fine, dunque, nessuno potrà davvero dirsi innocente e chiamarsi fuori, così come non era innocente neanche Josef K., nonostante il libro che ne narra la storia inizi proprio dicendo il contrario. Di fronte al dilemma dell’agire impossibile, o del non agire, altro non rimane se non la colpa. E forse è proprio dalla misura della nostra colpa che dipende il senso della nostra redenzione. Forse, e spero che il peso dell’avverbio sia qui ben chiaro, espieremo nel ravvedimento dell’ultimo respiro oppure, finché saremo uomini, nessuna grazia ci verrà concessa o donata.

Ci sono però tra noi coloro i quali lottano anche senza lottare, non solo come Mr. Bartleby il quale, davanti alle richieste del mondo, risponde «I would prefer not, Preferirei di no», ma coloro i quali, di fronte a quest’immenso delirio, ergono una parola che nasce proprio con l’intenzione di esser celata all’anarchia dei molti, come già fece agli albori della storia del pensiero il grande Eraclito di Efeso. Paradossalmente, quelli che rifiutano con ogni forza di banchettare al tavolo della stultitia sembrano assenti ai molti ma, poiché questi ultimi vedono sempre il mondo al contrario, ciò che essi considerano assenza è, in verità, presenza. Sarà dunque demandato ai posteri l’arduo compito di scoprire le innumerevoli presenze in un mondo stracolmo di assenti.

(Da: Sergio Caldarella, Spunti per una cosmologia del delirio, «Il Pungolo» 13 gennaio 2011)

Sunday, January 9, 2011

Il tempo e le cose


Michel Foucault darà il titolo di Les Mots et les Choses. Le parole e le cose, ad uno dei testi chiave della sua riflessione sottotitolandolo con Une archéologie des sciences humaines. Ma che ne è invece del tempo e le cose? Cosa succede alle cose nel tempo e cosa succede al tempo quando si smarrisce tra le cose? L’ipseità del mondo viene rafforzata dal tempo o ne viene rettifficata, plasmata, soggiogata? La scienza moderna ci dice che il tempo non esiste e, nella teoria della relatività, esso diviene una semplice coordinata, creando non pochi problemi e paradossi. Per i Greci molti erano invece i volti del tempo: era Chronos e Aion, materiale e divino allo stesso tempo. Infinito e finito. In quanto divinità il tempo sapeva soggiogare il finito. Ma il tempo non si annulla nelle cose, sono queste che invece si sciolgono nel tempo, come gli orologi liquefatti di Dalì, soggiogati dalla misura dell’eterno. La stessa cosa diranno in modi tra loro diversi anche Kafka e Borges.

Per colui incapace di vedere oltre l'infinitesima misura delle cose, tutto si riduce e riconduce alla fosca ombra delle lancette. Chi invece sa come aprire gli occhi davanti al vero scopre che l’eternità è già contenuta nel presente di un istante, che si può vivere il tutto nel nulla e viceversa, che si può guardare un fiore e pensare ad un tramonto, coprire una rosa e vederla più vera, cogliere il battito d’ali di una farfalla e trovarvi i segreti dell’amore o dell'infinito. Se il tempo degli antichi soggiogava le cose – così come anche il tempo dei moderni – esso però era incapace di soggiogare la volontà vera dell’uomo.

Il cuore umano per le mitologie e le fiabe è sempre stato più forte di qualunque fiamma, più duro di ogni lancia con la quale lo si voleva trafiggere. Daniele entra nella fossa dei leoni con cuore sereno perché egli sa, conosce una verità interiore che gli altri, quelli che dei leoni hanno paura, non conoscono. Peccato che nessuno potrà mai spiegare nulla della verità vera a coloro che preferiscono abitare dentro le tenebre chiamandole luce. Un po’ come nell’avvertimento di Tacito Atque ubi solitudinem faciunt pacem appellant, ovunque creano un deserto lo chiamano pace.



(Tratto da: Sergio Caldarella, "Il tempo e le cose", Rivista di Studi Contemporanei, Nr. 103, Roma, Gennaio 2011).