Quando Theodor Adorno, riecheggiando il concetto di alienazione in Marx,
dichiara «Es gibt kein richtiges Leben im Falschen» che, tradotto per quanto
possibile, significa «Non può esserci vera esistenza in una vita falsa», questo
significa anche che il gergo dell’inautenticità non può parlare la lingua della
veram vitam. Tra la
perduta gente, però, l’alienazione
appare non come la forma d’esistenza migliore, ma come la sola forma d’esistenza possibile. All’hombre-masa (uomo-massa),
spiegato e sezionato da Ortega y Gasset, le bieche prebende dello Spätkapitalismus bastano e avanzano. Diversamente
da quanto si possa credere a prima vista, il mondo massificato e deumanizzato
in cui vive la medietà è proprio quel mondo in cui si trova a suo agio e che
aveva in testa fin dal primo momento e farebbe davvero fatica persino ad
immaginare un mondo diverso.
Per comprendere la disperazione è
necessaria la riflessione, ma l’hombre-masa rigetta la riflessione (e
Adorno questo lo sa molto bene perché ha studiato Kierkegaard in profondità). L’hombre-masa considera se stesso
pressappoco come uno dei personaggi in cerca d’autore pirandelliani, il suo carattere
è quello che gli viene attribuito sulla scena collettiva, ma egli non è una
comparsa quanto un protagonista attivo della storia: la silent majority, la maggioranza
silenziosa, cara a Richard Nixon. Aldous Huxley, invece, li chiamerà i
gamma: «We’re not too stupid, we’re not too bright, to be a Gamma is to be just
right, Non siamo troppo stupidi, non siamo troppo intelligenti, ed essere un Gamma
significa essere normali». Il mondo intero, lasciato al dominio della medietà, sembra
sia così precipitato nel griogiore di una spaventosa pseudo-normalità che vuole
tutto uguale a se stessa: «Masa es todo aquel que no se valora a sí mismo – en
bien o en mal – por razones especiales, sino que se siente “como todo el
mundo”, y, sin embargo, no se angustia, se siente a salvo al saberse idéntico a
los demás. Massa è tutto ciò che non valuta se stesso – né in bene né in male –
mediante ragioni speciali, ma si sente “come tutto il mondo”, e tuttavia non se
ne angustia, anzi si sente a suo agio nel riconoscersi identico agli altri» (La rebelión de las masas). L’hombre-masa è anche un relativista
assoluto e così non si astiene dal male, ma vi è indifferente (così come al
bene), la sola cosa che sembra intenda è ciò che ritiene utile a sé e per
questa ragione è pronto e capace a tutto.
Nell’ambito della desperatio
della società contemporanea l’uomo ha sconfinato nei territori del nulla e tutto
ciò che sa d’umano lentamente scompare: sembra conti unicamente il minimo comun
denominatore; svaniscono allora il vero amore, l’empatia, la solidarietà o l’amicizia
autentica e tutto viene omologato e fatto in serie, si tratti di sentimenti o
pensieri. Tutto ciò che c’è ancora di umano svanisce dunque sotto gli strali
del sole nero dell’omologazione e resta solo la somiglianza primordiale agli
atteggiamenti dominanti del branco che trasforma gli uomini in ambigue copie di
carta carbone gli uni degli altri. In un decennio particolarmente significativo
riguardo al trionfo delle masse Emile Cioran, poco più che ventenne, scrisse un
trattato memorabile sulla disperazione: «Gli uomini in perfetta salute, normali
e mediocri, non hanno né esperienza dell’agonia né il sentimento della morte. Vivono come se la loro vita avesse un carattere
definitivo» (Al culmine della
disperazione, 1934, trad it. p. 34). Proprio nella stessa epoca in cui Cioran
approfondiva la tragedia dell’uomo moderno, l’attrice e regista di regime Leni
Riefenstahl invocava invece l’altisonante Triumph
des Willens, il Trionfo della volontà,
associando, implicitamente, quantomeno nell’intento del suo filmetto propagandistico,
una sorta di gioioso asservimento collettivo alla presunta volontà delle masse.
Eppure, già a suo tempo, il grande Socrate parlava sempre ad un uomo solo e l’arguto
Cicerone insegnava a diffidare della presunta volontà collettiva Senatores probi viri, Senatus autem bestia che,
reinterpretato, diventa: un uomo solo è
buono e onesto, ma una massa è una mala bestia.
Il “gamma” non può né sa più riconoscere in sé nulla che sappia ancora di
umano, anzi, per colui che vive nell’alienazione più profonda, ogni parola
autentica gli sembrerà una parola d’orrore. Per questo sono subito pronti e
proni a trasformarsi in volenterosi funzionari volontari dell’apparato (cfr. il
libro di Daniel Goldhagen, Hitler’s
Willing Executioners, 1996, trad it. I
volenterosi carnefici di Hitler,
1998), per discriminare e uccidere con tanto zelo i diversi, oppure per
vilificare e trasformare in merci anche le parole dei sapienti.
Mai, come nella nostra epoca, le domande fondamentali degli esseri umani
sono state taciute fino a questo punto, oppure vi si sono date risposte ad
altezza della banalità del tempo. Negli Stati Uniti, tanto per fare un esempio,
basta guardare pochi minuti di un canale dove sbraitano dei telepredicatori (cor exercitatum avaritiae habentes
maledictionis filii, II Pietro 2:14)
e ci si accorge con chiarezza come un messaggio complesso e strutturato come
quello biblico venga vilipeso e ridotto a brandelli da gettare ad una folla
ormai resa cieca da quella luce che fa risplendere
la terra di trionfale sventura (Adorno). La sintesi concettuale che emerge dall’annientamento delle Scritture proposto da questi nuovi
barbari è che l’Eterno, l’universo, l’esistenza intera sono per le misere concupiscenze
dei piccoli uomini. Del resto, chi ignora il significato svuota tutto di significato (sull’argomento
televangelisti suggerirei la lettura dello splendido articolo di John
MacArthur, A Colossal Fraud, Una frode
colossale, http://www.gty.org/Blog/B091207).
In quanto società, gli uomini agiscono sempre secondo sistemi di credenze,
ma per coloro che vivono in quel particolare sistema questo appare come naturale
e non come il prodotto di un contratto
sociale, anzi appare come il solo mondo possibile. Quando in Campo de’ Fiori bruciavano Giordano Bruno
c’era una folla festante e urlante che non aveva neppure lontanamente idea di
chi fosse quell’uomo che portavano al patibolo o cosa significasse il suo
pensiero, ma aveva il solo gusto di veder ardere sul rogo uno che non gli
assomigliava. Questa è la stessa folla, massa, gamma o perduta gente che, da sempre, accompagna i dettami del non-essere. Non sono mai cambiati, hanno
appena svestito una veste per indossarne un’altra.
Se c’è un personaggio astorico questo è proprio l’hombre-masa: oltre duemila anni fa urlava Barabba mentre oggi vota
nel chiuso di una cabina elettorale di compensato, ma la sua bava non cambia. L’ hombre-masa è talmente impegnato da se
stesso, dai suoi follicoli ed escrementi, da non avere tempo né passione per null’altro
e per questo gli piacciono tanto questi poveri ricchi del nostro tempo, una
minoranza di piccoli incoscienti senza fantasia né senso di alcunché ma con uno
spropositato senso di se stessi. Gli piacciono così tanto da metterli a capo
della tribù globale. La scomparsa delle capitali culturali è, poi, solo l’ennesimo
segno di un’epoca che ha abdicato all’avere ciò che invece spetta all’essere.
Tutto ciò che la medietà intende, e attraverso cui definisce se stessa, è
la sola sopravvivenza materiale e questo è tutto il suo povero mondo senza
orizzonte, questa è la sola realtà con cui si confronta. Oggi, poi, è l’epoca trionfale delle masse e della
medietà incontrastata e incontrastabile! L’omologazione sembra abbia raggiunto ogni vetta
anche in virtù del fatto che pochi furbettini con le tasche piene, controllando
con cura i mezzi di condizionamento di massa, propongono una lunga schiera di minus habens quali modelli da emulare.
L’hombre-masa pare abbia così conquistato
ogni rocca trovando facce uguali alla sua in ogni luogo: capi di Stato e premi
Nobel gli assomigliano e forse anche per questo l’arte non riesce più ad
esprimere neppure i volti, non riuscendo a mettere una faccia su una tela o su
una statua, trovandosi così costretta a ripiegare e rifugiarsi nell’informe, su
ciò che non assomiglia al volto di quell’opprimente mediocrità che scruta da
ogni dove. E guai a non assomigliare a quella faccia piatta che appare ovunque,
poiché se l’uomo dello Spätkapitalismus
è profondamente patetico è, allo stesso tempo, anche estremamente pericoloso: We’re not too stupid, we’re not too bright,
to be a Gamma is to be just right.
(Dr. Divago)