Wednesday, May 4, 2011

I pericoli della democrazia


Forse, come vogliono molti suoi critici, il concetto di democrazia, almeno nelle sue manifestazioni attuali, è davvero un’idea perniciosa e magari, giudicando dai fatti, nessun concetto è mai stato, sul lungo periodo, tanto pericoloso ai fini della sopravvivenza della nostra specie. Come non fidarsi allora del grande Platone quando fa di tutto per metterci in guardia da quest’idea? Certo, oggi più che mai si sono escogitati pseudoantidoti alle idee del grande Greco e allora gli si contrappongono libracci tanto raffazzonati quanto celebrati in cui lo si chiama “nemico della società aperta” e altre cosucce. Chiaramente un attento lettore dei Dialoghi sorride di quest’ennesimo vituperio che la vile modernità vuole imporre alla grandezza attraverso i crismi della sua piccolezza. La ragione del sorriso da parte di un conoscitore dell’opera di Platone è data dal fatto che, già a suo tempo, accusarono il sublime maestro Socrate di voler corrompere la gioventù di Atene e schernire gli dèi della polis, così l’accusa di nemico di una società falsamente aperta che riecheggia oggi nei confronti del discepolo appare ancor più insensata e banale, persino nella sua rozza mancanza di originalità. Denigrare una mente eccelsa significa solo affermare qualcosa sulla propria piccolezza. Quando si parla di menti eccelse bisogna temere le parole ardite, perché dicono su noi stessi molto più di quanto crediamo. Chi ha la scempiaggine di proclamare frasi del tipo “Einstein era uno sciocco” in realtà, per le orecchie di chi sa ascoltare, sta solo dicendo “io sono un cretino”. Gilles Deleuze lo dirà benissimo durante un colloquio: «La fisima degli uomini di oggi è di non saper ammirare nulla: o sono “contro”, o situano tutto al proprio livello, mentre chiacchierano e giudicano di tutto. Questo non è il modo di procedere. Si deve procedere sulla via a ritroso, verso quei problemi che un autore di genio ha posto, tutta la strada all’indietro su quello che non dice in quello che dice, al fine di estrarre qualcosa che appartiene ancora a lui, anche se lo si rivolta contro di lui. Devi essere ispirato, visitato dai geni che denunci». Nell’epoca dell’idiocrazia globale, e dunque nell’epoca del giudizio di tutti, la pesantezza di queste frasi non si fa sentire come dovrebbe. In democrazia del resto non sono le idee migliori quelle che si impongono, ma le più votate ergo i concetti più semplici, diluiti, comuni e, in un certo modo, claudicanti. Eppure quando si pensa di mettere ai voti “l’idea migliore” o il libro più degno di questo o quel premio non si pensa neppure per un attimo che se nel loro tempo avessero esposto al ludibrio del plebiscito le idee di Cristoforo Colombo, Copernico o Galilei (la triade degli eretici) questi ne sarebbero usciti molto male e nessuno sarebbe mai partito per gli oceani o alzato davvero gli occhi al cielo. Ma il cinismo del bruto e il qualunquismo del vile sono ormai assurti a verità universali che, a solo metterle in dubbio, si finisce tra le schiere degli eretici e degli esiliati. Oggi si dice anche “selling your ideas” che è, poi, l’esatto contrario dell’antico motto dell’Aquinate: bonum est diffusivum sui, ma ad un’epoca perduta nella follia della hybris come si può avere l’ardire di parlare del bene.



© Sergio Caldarella, 2011