Saturday, March 7, 2015

Il discorso del matto e del gelataio


Il discorso del matto: Questa notte ho sognato un gelato fatto d’ambrosia dai mille colori. Com’era buono quel gelato e, poiché il gelato che normalmente conosciamo ha questa tendenza a sciogliersi, ho anche sognato che questo gelato d’ambrosia fosse morbido e solido allo stesso tempo; con questo gelato d’ambrosia ho allora deciso di costruire una bella casetta di gelato, marzapane e panna per il tetto, anche questa solida. “L’ambrosia è grande!” Che bel sogno e come mi sono sentito bene, ero così appagato di questa rappresentazione che avevo creato da dover ignorare tutto quello che vedevo attorno nel mondo e, dopo un poco, ho anche dovuto interrompere i rapporti con quel presuntuoso del gelataio dirimpetto che continua a calunniare il gelato d’ambrosia! Ho riassunto la mia dichiarazione bellica nei suoi confronti con frasi lapidarie e apodittiche che non necessitano di alcuna dimostrazione, basta dirle: “Se non ci saranno due gelati, ce ne sarà solo uno; Se ce ne sarà uno solo, sarà d’ambrosia!” Belle, vero?
Poiché il gelataio ha escluso la realtà dei due gelati e l’ipotesi del bi-gelatismo è stata relegata, da quel gaglioffo, al dominio della fantasia, la sola realtà (sola, unica ed assoluta), che avanzerà minacciosa, sarà la prospettiva di un unico gelato d’ambrosia in grado di cancellare il gelato normale e vile che si scioglie al caldo e bisogna mangiar subito o avere un frigo per mantenerlo al freddo!
Questa città — dal gelataio dirimpetto a quello in periferia — potrebbe essere governata da una dittatura di gelatai conservatori e tradizionalisti, caratterizzata dal fanatismo di un solo gelato (timeo homo unius glacies) capace di imporre la volontà di un gelato che si scioglie al sole sia alla maggioranza di noi ambrosiaci sia all’opposizione. Questo non avverrà perché io ho la soluzione! “L’ambrosia è grande!”
Il discorso del gelataio: Vorrei tanto poter convincere quel matto dirimpetto a smetterla di tirar bombe ogni notte contro la mia vetrina, ma ogni volta che provo a parlargli mi grida contro “L’ambrosia è grande, L’ambrosia è grande!” Che devo fare? Mi è stato detto che alcuni della sua setta hanno anche recentemente massacrato degli onorevoli individui che dirigevano un giornale satirico in Francia gridandogli “L’ambrosia è grande!”, dunque devo esser cauto. La settimana scorsa è venuto qui il nipote del matto che pare un tipo più tranquillo e viene definito come “uomo ponderato e ragionevole” e così abbiamo discusso della situazione provando a trovare una soluzione, gli ho detto che avremmo potuto condividere il negozio e lo zio avrebbe potuto vendere questo suo mirabolante gelato d’ambrosia nella metà del mio negozio ed io avrei utilizzato l’altra metà, ma lo zio insiste con la tesi di voler fare due gelaterie separate: una per il gelato impuro e l’altra per quello d’ambrosia: “L’ambrosia è grande!” dicono, ma a me questa pare una frase senza senso. Il nipote rivendica, tra l’altro, che il suo bisnonno aveva una bottega di cesti di vimini in questo stesso negozio e per questo lui avrebbe diritto a tutto lo spazio, ma si accontenta della metà. 
Ieri è passata nuovamente la polizia e, quando gli ho parlato della situazione, senza neppure chiedermi se esisteva davvero questo gelato d’ambrosia (perché tutto quello che si è visto fino ad ora è una miscela di erbe amare malamente raffreddate) mi hanno detto che, secondo loro, avrei dovuto accontentare la soluzione delle due gelaterie. Un mio amico mi ha però confidato che la polizia intrattiene relazioni commerciali con la famiglia del matto del gelato d’ambrosia ed anche per questo non vuole contrariarli troppo, altrimenti avrebbero problemi con queste risorse che acquisiscono dalla famiglia del matto. Poi ci sono degli altri vicini, la maggioranza, che per non aver guai nel vicinato vorrebbero che io semplicemente lasciassi la gelateria al matto, così non ci sarebbero più disturbi alla quiete pubblica nel quartiere. Non capisco da dove questi traggano la loro convinzione che, dopo aver preso la gelateria, il matto non decida di andare da qualche altra parte iniziando ad impossessarsi della panetteria, poi della salumeria e, dopo aver preso tutte le attività commerciali della zona non passi agli appartamenti del piano di sopra. Ricordo, in effetti, di aver letto di un tipo che ragionava come questi, si chiamava Neville Chamberlain ed era uno che pensava che bastasse concedere quello che un altro matto chiedeva per preservare la pace in Europa. Indubbiamente una curiosa forma di ragionamento perché pochi penserebbero che la soluzione di fronte ad un violento qualsiasi sia quella di lasciargli fare quel che vuole. Beh, magari ci sono quelli, com’è il caso di questi vicini, per i quali fin quando il violento non se la prende con loro sta anche bene.
Poi ci sono anche gli intellettuali del vicinato: c’è un tizio, un certo Klausner, uno scrittore con il complesso del padre che, nella nostra epoca, è ovviamente tradotto in 35 lingue, il quale ha fatto suo il motto “Se non ci saranno due gelati, ce ne sarà solo uno; Se ce ne sarà uno solo, sarà d’ambrosia”. Questo è uno di quelli che, come Mr. Chamberlain, vedono nella resa la soluzione.
Questo signor Klausner pare abbia sempre una risposta razionale e moderata su qualunque argomento, ma la sua è una razionalità delle colpe, mai dell’analisi. Un po’ come un poliziotto che, di fronte ad uno la cui macchina è stata ridotta in pezzi da un tizio senza assicurazione che veniva da sinistra, aveva un segnale di Stop, non si è fermato e lo ha colpito da dietro, dice all’infortunato che anch’egli ha un po’ di colpa perché, secondo le regole della strada, quando si guida bisogna comunque esser vigili. Insomma, quel tipo di razionalità che giustifica l’offensore e colpevolizza colui che riceve l’offesa. Non a caso un antico testo sacro diceva che colui il quale ha compassione per l’offensore compie un’ingiustizia verso la vittima.
Questo Klausner è, poi, lo stesso che parla della corruzione che l’uso della forza comporta, ripetendo un concetto che, in epoca moderna, è anche contenuto nelle riflessioni di Simone Weil, in particolare dopo l’esperienza della guerra civile spagnola in cui la pensatrice mise radicalmente in dubbio la legittimità dell’uso della violenza. Tutto vero, ma la conclusione che Klausner trae dal discorso è che il modo per trattare, se non si vuole che vi sia un solo gelato d’ambrosia, è lasciar mano libera al violento proprio perché è un violento, ossia la direzione opposta verso cui prova a muoversi una civiltà evoluta.
Per Klausner il conflitto mediorientale non è mai nel conflitto tra un modo ideologico di concepire il mondo ed un altro (lui anzi aggiunge: “come il razzista vuole convincerci”. Ah!), ma tra fanatismi, come se i fanatismi non fossero modalità derivate di lettura del mondo. Bisognerebbe poter chiedere a questo signore: “caro amico, tu che sei tanto bravo e sai così tante cose, ma questo fanatismo di cui parli da dove viene? È una gramigna che cresce dal nulla? Oppure ci sono delle dottrine, delle culture, dei modi di argomentare e considerare il mondo che possono magari generare questa pianta?”. Ma questo signore, come tanti altri, non puo’ essere raggiunto né contraddetto, non conosce l’argomentazione, conosce il podio da cui dichiara apoditticamente chi è razzista, chi non lo è, cos’è il fanatismo o cos’è giusto e cos’è sbagliato senza perder tempo a confrontare dialetticamente queste sue opinioni, del resto chi ha il microfono in mano parla sempre e solo in una sola direzione. Come esempio di fanatismo il Klausner menziona anche i non fumatori che si arrabbiano quando qualcuno gli accende una sigaretta accanto. Poi aggiunge che non sempre qualcuno che ha delle convinzioni forti è un fanatico, eppure prima aveva fatto l’esempio dei non fumatori, dei vegetariani etc. (e magari il non fumatore potrebbe avere anche l’asma e per questo agitarsi quando gli accendono una sigaretta accanto, questo per dire che non sempre le spiegazioni sono così semplici come vorrebbe il nostro Klausner). Ma allora perché il Klausner ha proposto quell’esempio dei non fumatori? Non avrebbe potuto utilizzare un fanatismo vero? Beh, come al solito, gli esempi di certa gente servono per confondere e non per chiarire. Il Klausner utilizza anche espressioni come “mild fanaticism, fanatismo mite”, ma che significa? È come parlare di una “temperatura bollente media”... Una buona strategia per smascherare un’argomentazione sofistica è, del resto, quella di trasformarla in un altro discorso e vedere se mantiene una propria coerenza logica, poiché le parole sono sì importanti, ma alcune parole sono troppo cariche emotivamente e così turbano il ragionamento. Quello che i sofisti dicono, se convertito in altri termini, non ha mai alcun senso, come non ha senso una “temperatura bollente media”. A meno di non voler gridare tutti in coro: “L’ambrosia è grande!” 
 È sinceramente estenuante provare ad analizzare i lunghi paralogismi che costellano le vie del mondo contemporaneo. Si potrebbe certo provare a discutere di questi paralogismi se questo portasse a qualcosa, ma in una società sofistica in cui la cultura autentica non ha più posto né spazio è quasi impossibile trasmettere (ben diverso dal comunicare) un messaggio che non rassomigli ad un sofismo. Ma chi ha ancora anima, come può arrendersi e gridare in coro: “L’ambrosia è grande!”? Soprattutto perché quest’ambrosia che vogliono venderci non è né grande e non è neppure ambrosia.
(Pubblicato, il 6 marzo 2015, nella mailing list di SpI)