Saturday, August 6, 2011

Amare Platone


Se non fosse per ciò che essi amano, come si potrebbe mai arrivare a comprendere gli esseri umani? Livio Garzanti, raffinato autore ed editore, nel 2006 sorprende tutti con la pubblicazione di uno studio di rara erudizione dal titolo: Amare Platone. Una lettura del Fedro. Non è certamente un caso che Livio Garzanti intitoli il suo lavoro: “Amare Platone” e non con un semplice “studiare”, termine ormai volgarizzato da un uso scolare e decettivo. Platone non è, del resto, un autore con il quale si possa avere un approccio neutrale e Livio Garzanti questo lo sa bene. Quella che l’autore presenta, in apparenza, come una lettura del Fedro, il dialogo sulla bellezza, è invece una lettura attentissima e scrupolosa dell’intera opera di Platone e dei suoi commentatori.

Livio Garzanti, nella toccante ma perentoria dedica d'apertura, dichiara anche che questo studio su Platone è stato per lui, dopo la morte dell’amata moglie Gina, un lavoro per “ridare un senso all’esistere”. Da autentico uomo di lettere quale egli è Livio Garzanti confessa qui di ritornare alla filosofia di Platone per riconquistare, dopo una grande perdita, il significato dell’esistenza per tramite della scrittura. La finezza e la profondità di queste dichiarazioni può essere colta solo da chi intende la relazione intensa e vera tra senso ed esistenza, tra il vivere e l'esistere, quella connessione che, portata alle sue conseguenze, conduce al rapporto tra parole e lacrime che Ferdinand Ebner stabilì in ben altro libro.

Nell'opera di Livio Garzanti ci sono tutti gli elementi che un libro autentico deve contenere: c’è il pensiero e c’è la passione, i due fattori più importanti in ogni aspetto dell’esistere umano. Livio Garzanti lo dice con eleganza da gran signore: «In questo libretto ho cercato di trasmettere le mie impressioni come suggerimento per un avvio all’amore di Platone. L’amore è conoscenza, conoscenza di un’essenza, di una unità, ed è quello che chiede il molteplice che è nell’animo di Platone».

Nel mondo contemporaneo non abbiamo molta filosofia intorno a noi, abbiamo sì canzonette, paralogismi, trivialità d'ogni genere, mentre il pensiero autentico langue, anzi dire oggi di un argomento che è “filosofico”, sembra ormai un termine denigratorio. Se così non fosse, se non vivessimo in questa maniera barbara, il mondo non potrebbe andare tanto male quanto va, ma da troppo tempo si è lasciato il controllo di questa società ai peggiori tra noi e sarebbe ormai irragionevole attendersi da costoro alcunché di buono - e anche questo Platone non solo lo aveva già ben spiegato, ma ne aveva anche fornito l'antidoto. Oggi, chiaramente, la società dei peggiori arriva a definire Platone come un “cattivo maestro”, ma anche quest'epiteto è solo l'ennesima testimonianza del nostro piccolo tempo e dice più su noi di quanto non possa dire sul grande Greco. Difficilmente chi è troppo piccolo riuscirà mai a comprendere ciò che è immensamente grande e Nietzsche lo esprimerà con la sua solita grandezza scrivendo: «Quanto più ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non sanno volare». In un tale contesto un libro come Amare Platone è una nota di luce nel mezzo di quest’inverno dello spirito.

Garzanti, nel suo scritto, svela tante profondità del pensiero platonico riproponendole con voce leggera, svelando, ad esempio, la contrapposizione tra l'episteme del Grande Greco, contro l’inconsistenza della volgare doxa dei Sofisti: «il pensiero si regge nella inesauribile ricerca di riferimenti a una verità che l’uomo deve porre oltre l’umano. (...) Tanto maggiore è il bisogno del vero e del giusto, quanto maggiore è l’incertezza del proprio esistere». Ecco, in frasi profonde e belle, le radici della filosofia autentica, quel pensiero che si muove sempre sul confine tra l’esistenza e l’esistere e così facendo getta uno sguardo a quei monti del vero da cui si intravvedono le forme del significato e del significante. Non è il guardare che conta, ma il “retto guardare” e Platone lo spiegherà dicendo che quando l’anima si fissa su ciò che è illuminato dall’essere, allora ne scopre la verità, ma quando si fissa su ciò che è misto di tenebra, che nasce e perisce, allora rassomiglia ad una persona senza intelletto. La vera vista, il retto guardare, è quello che coglie l’essenza delle cose e degli uomini. Tutto è dunque connesso in maniere inesplicabili, tutto canta in una musica dolce e leggera che solo orecchie finissime sanno cogliere. Bisogna allora ringraziare Livio Garzanti per aver dimostrato, con un libro da ricordare, che all’arbitrio e al delirio si può sempre contrapporre la profondità di idee senza tempo e che, anche in questa notte dello spirito, il pensiero sa come far vibrare quelle corde che rendono la vita vera esistente e significante. Liber legendus est.



(Sergio Caldarella)