Tra le tante
cose, la morte ha anche la triste prerogativa di porre la vita in prospettiva.
La scomparsa di una persona, soprattutto se improvvisa, pone sempre mille
interrogativi ai vivi, poiché ci si trova, d’un tratto, di fronte ad un’assenza
che è tanto più grande quanto era la presenza di colui che non è più tra noi.
Lunedì 22 ottobre 2012 è venuto inaspettatamente a mancare Padre Arcangelo
Rigazzi e la sua assenza è già così pesante da lasciare pochissimo spazio per
qualunque parola. Ricordarlo è difficile perché Padre Arcangelo era un uomo dalla
vitalità fuori dal comune. Per chi lo ha conosciuto e gli ha voluto bene
Arcangelo era un prete, un amico, un fratello ed a volte anche un padre ma, più
di ogni altra cosa, era un uomo profondamente buono. Di lui ci mancherà tutto:
il suo essere un prete così straordinario e così naturale allo stesso tempo e
tutte quelle innumerevoli piccole e grandi cose che lo rendevano una persona
così speciale. Padre Arcangelo poteva sedere con la stessa naturalezza alla
tavola di un principe come a quella dell'ultimo dei poveri. Sapeva sempre
trovare la parola giusta per consolare e non perché fosse uno che cercava le
parole giuste da dire, ma perché quello che diceva lo sentiva per davvero.
Padre Arcangelo non sapeva essere la
persona giusta al posto ed al momento giusto, egli era, invece, la persona giusta. Da buon sacerdote Arcangelo amava
senza discrimine: è stato missionario nella lontana Curitiba, in Brasile, e per
questo parlava un eccellente portoghese, è stato parroco, cappellano del
carcere, insegnante, direttore di comunità di accoglienza e, in quello che lui
definiva il vero spirito cristiano, ha sempre aiutato chiunque incrociasse la
sua strada tanto uomini quanto animali. Ricordo una volta, una tra le tante, in
cui mi fece molto preoccupare fermando la macchina nel mezzo dell'autostrada e
scendendo nel mezzo di quel traffico serale solo perché aveva visto, da
lontano, un cane che, provando ad attraversare, avrebbe potuto restare ucciso!
Se fossimo riusciti ad acciuffare quel lazzarone di un cane randagio lo avrebbe
sicuramente portato con sé per prendersene amorevole cura: ad Arcangelo bastava
attraversargli la strada per venire travolti dalla sua bontà. Quella sera
rischiò per salvare un randagio e chi lo conosceva può testimoniare che
anteporre gli altri a se stesso faceva parte della sua filosofia di vita. Tutti
avevano accesso alla sua parrocchia e per tutti aveva sempre tempo, cura e la
giusta soluzione. Alcuni lo avevano soprannominato “il bulldozer di Dio” e,
anche se, ufficialmente, non poteva approvare questo nomignolo, da come
sorrideva quando lo raccontava sapevo che, sotto sotto, quella definizione gli
faceva un pò di piacere. Era davvero un prete travolgente ed era difficile
resistere alla sua forza interiore ed alla sua tempra: tra le tantissime cose
era anche un eccellente programmatore, adorava la musica classica ed aveva una
voce bella e sottile, così come era un ottimo suonatore di mandolino per non
parlare poi di quando si metteva ai fornelli: gli dicevo sempre che se non
avesse fatto il prete avrebbe potuto essere uno tra i migliori cuochi del mondo
e questo era il solo complimento che ricordo non declinasse con la sua schietta
modestia.
Su Arcangelo
Rigazzi, questo grandissimo uomo e grandissimo prete, si potrebbero scrivere
pagine su pagine senza mai raccontare abbastanza su tutto ciò che egli era e di
quanto ha significato nella vita di molti. Volergli bene non era difficile,
anzi era una tra le cose più facili che si possano immaginare. E adesso che se
n'è andato e magari ci guarda già dall'alto dei Cieli con il suo sorriso dolce
e lo sguardo buono, capiamo ancora di più quale grande dono sia stato averlo
vicino come parroco, come amico o come fratello.
(Sergio Caldarella)