La storia non è mai stata un luogo di idilli al punto che, gran parte delle culture antiche, spostavano la fase idilliaca in un periodo pre-storico o astorico così da risolvere, quantomeno miticamente, il divario tra l’aspirazione ad un mondo buono (il Tob biblico) e quello che, da millenni, ne fanno invece gli uomini. Andando oltre tale considerazione – che dovrebbe, però, già contenere un monito e sollevare qualche preoccupazione sugli indirizzi generali delle società umane – nei fatti che stanno attualmente insanguinando, per l’ennesima volta, il Medioriente, si assiste ad una sospensione quasi completa della razionalità e spesso anche della decenza più elementare a favore di argomentazioni ideologiche e sbotti emotivi la cui origine non è difficile identificare in un odio ingiustificato e ingiustificabile verso Israele e in una mirata campagna di disinformazione in cui l’aggressore viene trasformato nell’aggredito e l’aggredito viene trasformato nell’aggressore. È necessario precisare che questa campagna di disinformazione non ha, in Europa, solo ragioni di ostilità o partito preso, ma anche precise motivazioni geopolitiche: l’Europa, tra le tante cose, teme particolarmente la ritorsione terroristica sul suo territorio – com’era nel periodo tra gli anni ’70 e ’80 – e per questo ha un bisogno pragmatico di mantenere i suoi mezzi di propaganda non ostili al mondo arabo. Dall’altro lato c’è un particolare disinteresse israeliano nello spiegare e mostrare le proprie ragioni ad un mondo che, da troppo tempo, vede sempre con un occhio solo. Per chi ha ancora orecchi per intendere, qui habet aures audiendi, audiat, pare bizzarro che certe persone, quando si parla di Israele, sospendano quella razionalità che gli consentirebbe, in genere, di veder chiaro persino in una lite di condominio (soprattutto se vi fossero coinvolti in prima persona), ma non riescono a vedere per nulla attraverso le ragioni e le motivazioni di uno Stato contro cui un gruppo criminale lancia missili e realizza tunnel per rapire ed ucciderne cittadini e soldati e forza la sua stessa gente nella condizione di scudi umani trasformandoli in pedine di un vile gioco di propaganda politica. Anche in un’epoca in cui domina l’opinione, questo è in sé un fatto ben curioso.
È facile far notare come in qualunque
discussione pubblica su Israele emergano immediatamente, e sovente prevalgano,
l’emotività e la rabbia dove dovrebbe, invece, esserci una discussione pacata e
razionale e questo è già un sintomo che sul tema “Israele” c’è qualcosa di
strano e particolare già sul piano psicologico. Per questa gente, qualunque
cosa faccia Israele, anche per proteggere i suoi cittadini, è sempre sbagliata
per partito preso. In genere, non capita di vedere persone che perdono le
staffe e non vogliono più ragionare o aggrediscono quando si parla, ad esempio,
della situazione dell’occupazione cinese del Tibet, né molti che prendano
talmente a cuore le legittime rivendicazioni territoriali del popolo curdo come
fanno invece per le rivendicazioni arabe sulla striscia di Gaza – troppo spesso
senza saperne nulla se non quello che passano i comunicati giornalistici del
momento e scegliendo sempre di credere a quanto viene offerto dalla fonte
peggiore e più cruda verso Israele (vedi sotto la notizia sul traffico d’organi).
Israele e Gaza sono temi roventi in cui si estrinseca un’emotività eccessiva e
innaturale in cui il discorso passa, quasi immediatamente, dal piano razionale
a quello dell’emotività sconnessa o dell’aggressività e questo, in termini
psicologici, significa già molto.
Il 22 luglio 2014, durante la
presentazione alla Heritage Foundation a Washington D.C. del libro dal titolo Making David into Goliath: How the World
Turned Against Israel, Joshua Muravchik ha raccontato di aver preso la
decisione di scrivere questo libro dopo aver letto una notizia completamente
inverosimile, ripresa dalla stampa di diversi Paesi, in cui si parlava di un
traffico di organi di palestinesi tra rabbini americani e Israele! Dopo aver
indagato sull’origine della pseudonotizia, la domanda dalla quale è partito
Muravchik per scrivere il suo eccellente libro è: ma come si può arrivare a
credere a bufale di tal genere e passarle per notizie? Certo, il Nostro ha
forse tralasciato che nella storia, parlando del popolo ebraico, si sono fatte
ben altre calunnie e credute bufale grottesche più grandi e pericolose di
questa, un fatto che bisognerebbe sempre tenere a mente: per quante iperboli si
possano inventare sullo Stato di Israele e sul popolo ebraico, queste hanno
sempre dei corrispettivi storici di equivalente se non maggior gravità. I
Protocolli sono una tra queste bufale che si protrae ormai fin dall’Ottocento,
per non parlare di altre ben più antiche. Sembra, anzi, che chiunque voglia
farsi rapidamente pubblicità in questa nostra società del contrario, abbia solo a pronunciare qualche iperbole su
Israele per finire dritto dritto su qualche prima pagina o in qualche
notiziario. In questa pseudonotizia del traffico d’organi che tanto ha colpito
Muravchik si cela, tra l’altro, ancora il vecchio topos del sacrificio umano compiuto da ebrei, insomma, ancora una
volta, nihil novi sub sole.
Joshua Muravchik ha anche centrato il
nodo della questione già dal titolo: come si è arrivati a trasformare Davide in
Golia? Com’è possibile che uno Stato sotto assedio, costantemente minacciato da
forze soverchianti e avverse, sia stato trasformato nel suo contrario?
Muravchik compie una meticolosa analisi rintracciando questa svolta a partire
dal 1967 a seguito della guerra dei sei giorni. Rimando comunque all’ottimo
libro di Muravchik per eventuale approfondimento. Anche in questo caso è però
salutare un ritorno alla storia ricordando quei luoghi ed eventi in cui gli
ebrei, pur rappresentando una minoranza, venivano purtuttavia accusati di
ipotesi di dominio del mondo e quant’altro. Questo per dire che, anche in
questo caso, non è la prima volta che Davide viene trasformato in Golia. Del
resto, una tra le tante lezioni che la storia insegna è che l’assurdità e la
follia hanno sempre avuto una presa maggiore nel mondo rispetto alla ragione ed
alla comprensione, per questo un’epoca in cui la cultura si eclissa sempre più
e non riesce a rispondere alle sfide della modernità contiene pericoli di
inimmaginabile portata.