Sunday, March 22, 2020

La pandemia come strumento politico.

                                                                                                                  “The first coronavirus dictatorship”
                                                                                                                                       Yuval Noah Harari



La stampa, la quale si autoproclama, da tempo, come essenziale e fondamentale per una società democratica, appare stia invece avendo, contrariamente, un effetto fatale su questa, se non altro a causa del fatto che l’apparato mediatico, oltre ad essere a libro paga, è composto da una percentuale infinitesima della popolazione la quale ha, però, un’influenza massiccia e sproporzionata sull’opinione pubblica. Grandi analisti della comunicazione come Marshall McLuhan facevano proprio osservare il paradosso secondo cui la stampa è stata praticamente trasformata in un equivalente della pubblica opinione: il grande sociologo scriveva: “The medium is the message”, il mezzo è il messaggio!
Come può dirsi però “democratico” il fatto che poche centinaia o migliaia di stipendiati tecnici della comunicazione abbiano la capacità effettiva d’influenzare decine e decine di milioni di persone libere? Soltanto una società in cui il concetto di democrazia è stato da troppo tempo piegato e reso irriconoscibile da questi tecnici della manipolazione può ritenere tale quarto potere come legittimo o persino “necessario”. Una democrazia indirizzata da pochi manca proprio di quei criteri fondamentali che la dovrebbero render tale.
Vicende come la drammatica questione del Corona virus mostrano, con una chiarezza preoccupante e difficilmente paragonabile ad altre situazioni storiche, come il meccanismo di produzione dell’opinione sia, nei fatti, un meccanismo d’indottrinamento e manipolazione diretta del cittadino. La gran parte dei dati che la comunicazione gestita offre alla popolazione sul tema Covid-19 provengono, quasi unicamente, da fonti accuratamente selezionate e da racconti ben cesellati e la manipolazione della terminologia, associata alla solita guerra delle cifre, trasformano questa sindrome simil-influenzale (Influenza-like illness (ILI)) in uno spettro ferale acquattato per le strade del mondo in attesa di assaltare ed uccidere chiunque. Ascoltando le martellanti voci della stampa si ha l’impressione che il Corona virus sia una specie di peste nera portatrice di una morte invisibile, misteriosa ed onnipresente, con il risultato d’incutere un terrore primordiale nel cittadino il quale è, a questo punto, disposto ad accettare qualunque imposizione possibile o altra norma restrittiva. Tutti gli italiani sono, in questo momento, liberi con la condizionale! Nel periodo fascista era necessario esibire dei lasciapassare per circolare e, anche all’epoca, la maggioranza dei cittadini aderiva e persino approvava tali imposizioni senza pensarci sopra – questo fino al momento della liberazione quando, nottetempo, il 99% degli italiani divennero miracolosamente tutti antifascisti. In certi casi la notte porta Babbo Natale o la Befana, in altri porta palate di antifascismo.

Come ha dichiarato il virologo italiano Matteo Bassetti in una frase adesso esecrata dalla stampa la quale continua ad inveirci sopra non ne appena può: “morire per il Corona virus è una cosa, morire con il Corona virus è un’altra” (il corsivo è mio), in altre parole un semplicissimo invito alla calma ed al ragionamento.
Se, poi, escludiamo il personale medico e le immagini costantemente proposte dalle televisioni, sono pochissimi coloro i quali hanno davvero visto da vicino un malato di Covid – (tenendo presente che “malato” non è “infettato”), eppure questa malattia è stata resa reale ed onnipresente dalla simbiosi tra apparato politico e mediatico. Se qualcuno dovesse però prendersi la briga di andare a verificare le informazioni offerte dall’OMS o altre istituzioni sanitarie noterebbe, innanzitutto, una radicale differenza di linguaggio, almeno fino a questo momento. Se la stampa propaga il numero di contagiati come se questi fossero ad un passo dalla malattia e dalla fossa, istituzioni sanitarie ad alto livello scrivono:

People may be sick with the virus for 1 to 14 days before developing symptoms. The most common symptoms of coronavirus disease (COVID-19) are fever, tiredness, and dry cough.
Most people (about 80%) recover from the disease without needing special treatment.
More rarely, the disease can be serious and even fatal. Older people, and people with other medical conditions (such as asthma, diabetes, or heart disease), may be more vulnerable to becoming severely ill.         Le persone possono contrarre il virus per 1-14 giorni prima di sviluppare dei sintomi. I sintomi più comuni del coronavirus (COVID-19) sono febbre, stanchezza e tosse secca. La maggior parte delle persone (circa l’80%) guarisce dalla malattia senza bisogno di trattamenti speciali.
            Più raramente la malattia può essere grave e persino fatale. Le persone anziane e le persone con altre condizioni mediche (come asma, diabete o malattie cardiache) possono essere più vulnerabili ed ammalarsi gravemente.”

Questo non pare certo un linguaggio che induce al timore o al panico! Eppure questo linguaggio e queste dichiarazioni vengono cautamente evitate dal meccanismo mediatico e, anzi, medici virologi coscienziosi e competenti come il Prof. Stefano Petti in Italia, il Dr. Wolfgang Wodarg o il Dr. Claus Köhnlein in Germania, vengono letteralmente cancellati dalle aule televisive e, in certi casi, persino linciati mediaticamente, mentre asini in cattedra vengono trasformati in purissimi eroi nazionali! Questo, a mio avviso, anche perché abbiamo da troppo tempo smesso di guardare in faccia le persone.
Il pericoloso connubio tra questa stampa e questa politica sta producendo conseguenze tragiche ed epocali che cominceremo a vedere tra qualche mese con più chiarezza e, speriamo, con maggior lucidità. Purtroppo, uno degli elementi centrali che ormai rendono ancor più baldanzose le classi al potere è di avere a loro disposizione, grazie al controllo sui media e sulla cultura – ossia il controllo sull’immediato e sull’elaborazione del passato – la possibilità effettiva di trasformare la realtà a loro piacimento; questa è una tra le due ragioni per le quali i nostri dominatori non temono più la storia, poiché credono, come lo credeva già il Machiavelli, che questa può esser riscritta secondo la volontà dei dominatori, un paradigma grandemente pericoloso.

Una questione sanitaria seria e delicata come la profilassi virale viene ormai trattata come se fosse un incontro calcistico! Le maggioranze vengono indotte, attraverso una manipolazione emotiva e dei fatti efficiente, ad applaudire provvedimenti distruttivi e fondamentalmente contrari ai diritti fondamentali del cittadino. In questo gran parapiglia, le masse alla fine ringraziano pure i loro politici per averle messe agli arresti domiciliari indossando, così, la maglia del “Team Covid” mentre, dall’altra parte, si trova la solita sparuta minoranza del “Team Galilei” la quale prova ancora a sussurrare “eppur si muove”, ossia che lo sragionamento non potrà mai equivalere al ragionamento, anche se questa è la squadra perdente e non da oggi.

Gli storici del futuro – semmai ve ne sarà uno – avranno non poche difficoltà nel provare a ricostruire la storia moderna e contemporanea, in particolare eventi come questa trasformazione globale di cui stiamo vedendo appena i prodromi. Già per noi che viviamo all’estero è difficile capire quello che sta avvenendo in Italia poiché non possiamo verificare, come al solito, se quanto si vede nelle televisioni sia davvero ciò che avviene: viene un po’ da pensare alla famosa foto nel campo di Trnopolje, nel 1992, dove si vedevano dei musulmani bosniaci, in apparenza circondati da filo spinato, mentre in realtà era la fotografa ad essersi messa all’interno di una recinzione scattando una foto all’esterno, facendo sembrare che quelli che stavano fuori fossero invece quelli che stavano dentro![1] In questi giorni hanno persino smascherato un blogger il quale svuotava gli scaffali al supermercato spostando le merci nel carrello per poter così fotografare i ripiani vuoti e poi pubblicarla online, una manipolazione alla buona e fatta in casa, nulla a che vedere con quella degli apparati.

A chi dovrà allora credere lo storico del futuro? A quelli stipendiati per raccontare una certa versione del reale, oppure a chi racconta in maniera disinteressata quello che vede? Quelli che raccontano perché stanno lì e non perché qualcuno li paga per esser lì, una differenza che non è certo da poco. Come faranno i posteri, ai quali è pur sempre demandata l’ardua sentenza, a decidere? È difficile da immaginare in questo momento, poiché dipende dal futuro a cui condurrà il nostro presente. Se la manipolazione per opera di pochi continuerà ad avere un ruolo preponderante e la socialità verrà sempre più schiacciata sotto ideologie costruite ad hoc per favorire il sistema dell’ineguaglianza, allora gli storici del futuro saranno come quelli descritti da George Orwell in 1984 e penseranno soltanto a manipolare il passato per adattarlo all’ideologia dominante del loro presente. Se, invece, per qualche immensamente fortuita combinazione, le nostre società riusciranno a trovare una strada verso il rinsavimento, allora un futuro diverso sarà possibile. Quello che oggi sembra non s’intenda quasi per nulla è quanto il destino della nostra specie sia appeso ad un filo e quanto sia intensamente legato al nostro rinsavimento sociale e individuale, anche se tutti i segnali sembra vadano, in particolare in momenti come questo, verso la direzione opposta.

            Non si può, in conclusione, evitare l’impressione che una parte dell’isteria di fronte a questo virus sia anche un meccanismo per provare a rifuggire psicologicamente l’idea della morte: lo shock più grande per le popolazioni, ormai ridotte a spettatori e consumatori, è l’aver scoperto che la morte è una realtà sempre presente! Anche questo, allora, è l’ennesimo sintomo, uno dei troppi, dell’immaturità esistenziale della nostra epoca la quale, non volendo più provare a ragionare, a pensare, finisce per rifuggire dalla vita, non dal virus e neppure dalla morte.

(Tratto da: Sergio Caldarella, La pandemia come strumento politico. «Il Pungolo», 21 marzo 2020).


[1] La falsa foto venne scoperta dal giornalista tedesco Thomas Deichmann il quale pubblicò un articolo dal titolo: La foto che ha ingannato il mondo. Cfr. A. Hoskins, B. O’Loughlin, War and Media. The Emergence of Diffused War, Polity Press, Cambridge 2010, p. 95.

Saturday, March 7, 2020

Gli untori mediatici


Covid-19 ed il meccanismo della gazzetteria.

di Sergio Caldarella
                                                                            Though this be madness, yet there is method in ‘t.
Shakespeare


            Il delirio non può costruire la democrazia o, detta in altro modo, la democrazia non può essere edificata sul delirio. Se dobbiamo temere dei virus dobbiamo allora sempre temere, in massimo grado, quelli dell’irrazionalità e della stupidità.
            Quando parliamo di Corona virus (COVID-19), di cosa stiamo davvero parlando? Se prestiamo fede all’apparato di disinformazione di massa, sembra che stiamo assistendo ad una calamità la quale sta producendo risultati collettivamente deliranti, gettando le basi per poter giustificare successive misure politiche a discapito della maggioranza dei cittadini e, sul momento, si prova persino a mettere a tacere coloro che dissentono su questo procurato allarme [mi chiedo spesso, ma com’è possibile che qualunque cosa avvenga si finisce sempre a discorsi su restrizioni alla libertà di parola?].
            Prima di accennare a queste misure restrittive, facciamo un passo indietro e proviamo a parlare dell’apparato mediatico, ossia dello strabiliante meccanismo della gazzetteria. Partiamo da una domanda: “Quanti cittadini ci sono in Italia?” I dati ufficiali parlano di oltre 60 milioni d’individui. Ebbene, se confrontiamo questo dato con il numero di persone, uomini e donne, alti e bassi, leggeri e pesanti, con i capelli o senza capelli, ben vestiti o malvestiti, ingannati o ingannatori, volpi o lupi, quelli a cui piacciono le caramelle o meno, quelli che mangiano il miele con il pane e quelli  che lo mettono nel caffè – faccio quest’elenco proprio per mostrare, direttamente, l’assurdità di questi elenchi e pseudo-distinzioni  con le quali si propongono, costantemente, elementi di distrazione e di divisione in televisione e sulla stampa. Ebbene, se contiamo il numero di questi personaggi – oggi detti “personalità” – che dirigono, intervistano, girano e si aggirano per le TV di Stato ed in quelle poche altre in mano a magnati della comunicazione, non raggiungiamo neppure un numero che si avvicini a trecento persone! Se non mi credete, fate il conto da voi e provate a mettere insieme tutte le facce ed i mezzibusti televisivi che vi sono noti e vi accorgerete che non arrivate neppure al centinaio di volti televisivi.
            La televisione “pubblica” e per il pubblico, viene fatta (escludendo i tecnici e l’amministrazione burocratica) da poco più o poco meno di trecento individui su oltre sessanta milioni di italiani! Anche volendo includere quelli che vengono chiamati davanti alle telecamere una volta l’anno a parlare di funghi porcini e sarchiaponi e volendo persino abbondare con i numeri, arriviamo ad una cifra inferiore, o di poco maggiore, alle mille persone! Questo significa che l’intero meccanismo della comunicazione che “informa” o indirizza le opinioni di sessanta milioni di cittadini italiani è sostanzialmente gestito e riempito di contenuti da poche centinaia di persone a libro paga [e questo piccolo gruppo è controllato da una minoranza ancora più sparuta che dipende dalla politica o detiene il possesso materiale dei mezzi di comunicazione]!
            Questo coefficiente numerico, facendo le dovute proporzioni, è pressoché lo stesso per tutti i Paesi detti oggi “democratici” e diminuisce soltanto in pochi casi quali la Corea del Nord o il Brunei – questo significa che persino le dittature contemporanee, grazie a tali apparati di controllo, sono diventate più efficienti nella gestione della comunicazione e del consenso!
            Benvenuti, dunque, nella Knowledge Age, ossia l’Epoca della conoscenza e delle democrazie rappresentative! Com’è del resto bella quest’aggiunta sibillina di “rappresentative”, se non vi fosse bisognerebbe proprio inventarla. Che ne è, però, del cittadino in questo contesto? Platone, sempre lui, il grande “nemico” delle democrazie dei cialtroni e della società aperta – ma “aperta” poi per chi? – diceva che non può darsi una società giusta senza una paideia, ossia senza istruzione, cultura e dibattito pubblico che portino ad una conoscenza appropriata dei problemi e delle situazioni. Questo significa anche che se l’argomentazione è diretta e determinata in maniera unidirezionale – poiché la televisione è unidirezionale per antonomasia – da un  gruppuscolo di persone a libro paga, al cittadino vengono a mancare non soltanto degli strumenti di valutazione concettuale diversi da quelli forniti da chi controlla tale comunicazione, ma anche la possibilità di esser libero d’immaginare visioni del reale alternative a quelle proposte da chi detiene le chiavi dell’apparato. Il cittadino viene in tal modo indirizzato verso la passività intellettuale e spinto ad una corsa continua – ed estenuante –  verso l’immediato in cui ogni cosa ed aspetto del vivere vengono posti come se fossero l’appendice di un apparato, persino l’individuo. In proposito, i marxisti amavano ripetere la frase: “Die herrschende Meinung ist immer die Meinung der Herrschenden, L’opinione dominante è sempre l’opinione dei dominatori.”
            A questo punto, dopo essersi già chiesti “che ne è del cittadino in tutto questo?”, ci si dovrebbe anche chiedere: “che ne è della democrazia in tutto questo?” – non, però, quella “rappresentativa” poiché quella sta ben al suo posto ed opera esattamente come deve.
            Dopo questa necessaria premessa, arriviamo al coronamento da Corona virus: in una società in cui uno sparuto quanto meschino drappello di poche centinaia di gazzettieri, strilloni e scribacchiatori vari è in grado d’indirizzare e determinare l’opinione di milioni di cittadini, un evento come una sindrome simil-influenzale da COVID-19 a diffusione più o meno rapida diventa un casus da manuale per mettere alla prova l’efficienza reale di quest’apparato di comunicazione – cos’è altrimenti questa bizzarra storia della carta igienica mancante ripetuta dall’Italia alla Germania, fino all’America, se non uno dei metodi di campionamento di questo tipo di manipolazione? Raccontando un evento così triviale, ripetuto in tante lingue e Paesi, lo si amplifica innestando il processo irrazionale di accaparramento della carta igienica, mettendo così alla prova l’efficienza reale del meccanismo di trasmissione e manipolazione. La sindrome simil-influenzale da COVID-19 è un’occasione perfetta grazie alla quale è possibile sperimentare e sincronizzare gli effetti di questa comunicazione su scala globale! Il virus, facendo perfettamente leva sul meccanismo atavico della paura ed avendo, ovviamente, anche una legittimità sanitaria, rappresenta una perfetta cartina di tornasole per verificare il meccanismo e gli effetti di questa comunicazione a livello mondiale! Al momento (7 marzo 2020) vi sono stati 3526 decessi attribuiti alla sindrome simil-influenzale da COVID-19 in tutto il mondo. Ogni decesso è chiaramente un fatto in sé grave che merita attenzione, però allo stesso tempo vi sono 320.000 morti l’anno da annegamento in tutto il mondo, 438.000 per malaria (un virus simile al Corona) e persino 10.206 per strangolamento involontario mentre si dorme, ossia si muore tre volte di più strangolati dalle lenzuola che non da COVID-19! I numeri sembra raccontino allora una realtà ben diversa: sarebbe magari bastato annunciare questo virus, spiegarne i sintomi, la pericolosità in particolare per chi ha oltre settant’anni e indurre la dovuta cautela prendendo le misure di contenimento ove necessario senza propagandarlo come una seconda peste bubbonica.
            Invece, attraverso la sua magnificazione mediatica, la sindrome simil-influenzale da COVID-19 diventa anche un alibi politico eccellente per introdurre correzioni e aggiustamenti successivi nel sistema economico-sociale o giustificare il varo di misure giuridiche restrittive o illiberali: “poiché c’è stato questo virus, la Borsa ha perso questo e quello, lo spread è aumentato ed allora siamo, nostro malgrado e con enorme sofferenza, costretti a tagliare di qua e di là e ad aumentare tasse e balzelli.” Questo è, chiaramente, solo un esempio poiché l’inventiva illiberale supera sempre di diverse spanne qualunque immaginazione. Ebbene, signore e signori, benvenuti nell’epoca della conoscenza (The Knowledge Age) e delle grandi democrazie rappresentative! Auguri a noi tutti!   



(Tratto da: Sergio Caldarella, Gli untori mediatici. Covid-19 ed il meccanismo della gazzetteria. «Il Pungolo», 7 marzo 2020).