Sunday, July 19, 2020

Menti raffinatissime.


“Menti raffinatissime...”
Un minuscolo invito alla ragione nell’epoca della sragione.


                                                                        Die Katastrophe fängt damit an, dass man aus dem Bett steigt.
                                                                                                                        Thomas Bernhard


 di
Sergio Caldarella


         Dal festino della ragione (feast of reason) al banchetto dello sragionamento.

            Il giudice Giovanni Falcone, dopo il fallito attentato con una bomba piazzata nella scogliera antistante alla sua villa all’Addaura, ebbe a dichiarare che, dietro quell’azione criminale, si celavano delle “menti raffinatissime”. È quantomeno scurrile, anche se diffuso, provare ad identificare tali menti nelle figure note di Bernardo Provenzano o Totò Riina, a meno di non voler credere nelle fantasie ben congegnate a mezzo stampa secondo cui gli esecutori siano anche i mandanti. Nessuno nega di certo a questi brutali capi mafiosi un’intelligenza pratica ed esecutiva capace di mettere bombe, assassinare gente per strada o uccidere a tradimento, ma questo è proprio il limite dove questa loro presunta intelligenza finisce. Le “menti raffinatissime” sono altra cosa, sono mandanti remoti, celati in grandi palazzi, con pareti adorne di titoli e circondati da bella gente, non sono la manovalanza che esegue tacendo e questo Giovanni Falcone lo aveva capito troppo bene.
            In questo particolare periodo storico che l’intera popolazione mondiale sta subendo, la dichiarazione di Giovanni Falcone sulle “menti raffinatissime” rivela un’attualità inusitata. Pensiamo, ad esempio, ad una cosa apparentemente semplice come l’obbligo d’indossare queste mascherine chirurgiche. A chi potrebbe mai venire in mente una fantasia di tal genere quando persino uno studente di primo anno di medicina sa bene che, innanzitutto, queste maschere dovrebbero essere monouso poiché, se usate di continuo e senza i dovuti accorgimenti, diventano trappole per batteri e, dunque, dannose per la salute di chi le indossa. Già partendo da questa semplicissima considerazione si dovrebbe intuire come coloro i quali spingono questa presunta profilassi non sembrano possedere una solida o chiara formazione sanitaria, altrimenti perché favorirebbero l’uso di qualcosa che, da un punto di vista medico elementare, è potenzialmente dannoso per la salute di coloro che ne sono costretti? Tra l’altro, alla gente queste cose non sono state spiegate, non gli è stato neppure indicato come indossare queste mascherine al punto in cui non si è sicuri se sia il lato azzurro o quello bianco da mettere verso l’esterno. Le televisioni, le quali sembra abbiano così tanto tempo ed impegno da dedicare alle animazioni sul contagio e per dare i numeri, non trovano neppure a malapena qualche minuto per mostrare il corretto utilizzo di queste bende per il viso.
            Anche altri concetti non soltanto elementari ma naturali, come il fatto lapalissianamente evidente secondo cui il corpo, per mantenere un equilibrio salubre, espelle anidride carbonica ed inspira ossigeno, sembra siano stati dimenticati o rimossi dalle nozioni comuni. Eppure basterebbe aprire un testo di medicina qualunque alla voce “respirazione” o “biologia dei polmoni e delle vie aeree” per trovarvi riportato: “La funzione primaria dell’apparato respiratorio è quella di assorbire l’ossigeno ed eliminare l’anidride carbonica. L’ossigeno inalato entra nei polmoni e raggiunge gli alveoli (…) l’anidride carbonica passa dal sangue agli alveoli e viene quindi espirata.” Nulla di trascendentale… Tale normale processo di respirazione, a causa dell’obbligo d’indossare una mascherina per lunghi periodi, viene però reso difficoltoso e si trasforma nell’espirazione di anidride carbonica e nella successiva inspirazione di una parte della stessa! Anche questa una conseguenza particolarmente insalubre che dovrebbe quantomeno saltare all’occhio di alcuni, in particolare dei consulenti sanitari che hanno approvato queste norme.

         La bête noire de la modernité.

            A questo punto, pare proprio che basti mettere insieme un paio di concetti scontati per iniziare ad intuire che, dietro questa vicenda delle mascherine, potrebbe anche esserci dell’altro, nonostante questo “altro” potrebbe essere, come credono alcuni, soltanto la solita vecchia incompetenza di cui la politica abbonda ed eccede. Cosicché si potrebbe anche, per spirito d’ipotesi, chiedere: e se l’incompetenza non è poi tutto? E se c’è dell’altro? Oppure non si possono più formulare ipotesi? E se non bastasse invocare l’incompetenza politica e l’assenza di conoscenze sanitarie elementari per giustificare tutto questo? È un’ipotesi, proviamo a vedere come procede.
            Seguendo proprio l’ipotesi secondo cui potrebbe anche non trattarsi di mera incompetenza sullo sfondo di queste imposizioni potrebbe anche emergere l’ombra di “menti raffinatissime.” Chiediamoci: cosa succede nel momento in cui si obbliga un’intera popolazione ad indossare, volente o nolente, una mascherina sul viso anche per passeggiare all’aria aperta? Se, fino al momento dell’introduzione di questa norma, la maggioranza della popolazione aveva avuto “esperienza” di questo virus solo dai reportage tragici e sentimentali in televisione, con il vario sciacallaggio delle immagini di poveri anziani in fin di vita o del dolore dei loro parenti volgarmente strumentalizzati e gettati in pasto al pubblico o ne aveva magari letto sulla stampa, dal momento in cui tutti sono stati costretti ad indossare questi bavagli sul viso, il virus è diventato, d’un tratto, onnipresente! Et voilà!
            Il covid-1984, grazie al piccolo accorgimento di una benda sul viso capace però di fermare un virus talmente pericoloso (la contraddizione intrinseca pare non sia evidente), è finalmente diventato apertamente visibile intorno a noi ed in ogni dove perché ognuno dei liberi cittadini del mondo nuovo è costretto a portare in faccia un richiamo visibile all’agente patogeno. Il virus fa così la sua prepotente comparsa nella vita di tutti e non soltanto sul piccolo schermo o sulla carta stampata – dato il bassissimo tasso di mortalità – com’era fino al momento dell’introduzione obbligatoria delle mascherine. Tramite un semplicissimo accorgimento, quasi un colpo di bacchetta magica, si è dato d’un tratto corpo all’emergenza! La pandemia è diventata una presenza reale che si vede al supermercato, passeggiando in strada, sui mezzi pubblici, negli uffici ed a volte persino sul viso di poveri disperati che guidano in auto da soli indossando mascherina e guanti di lattice. E questo non è il solo effetto strabiliante di una tale semplicissima manovra amministrativa, perché altrimenti si tratterebbe sì di grandi intelligenze, ma non ancora raffinatissime.

         La maschera talismano.

            L’obbligo d’indossare questo pezzo di stoffa sul viso trasforma, al tempo stesso, i nostri illuminatissimi governanti in grandi benefattori dell’umanità i quali, nella loro strabiliante lungimiranza, hanno offerto al povero cittadino inerme un talismano che, al pari dei santini portati nel portafogli, la fotografia incorniciata della figlia con l’abitino da prima comunione attaccata sul cruscotto dell’auto con la scritta “non correre papà” (questi sì autentici pezzi di kitsch popolare che, purtroppo, non si vedono più), i cornetti rossi, gli amuleti e tutta questa roba varia, lo protegge dal virus-Babau! In un colpo solo, con una mossa geniale dal punto di vista della comunicazione di massa, si è così riusciti a far entrare la pandemia nella vita di tutti, offrendo un talismano contro il corona-babau cattivo che rende la pandemia visibilmente vera per tutti! Questo significa davvero avere menti raffinatissime!

         Meinungsfreiheit = Entscheidungsfreiheit

            Immaginate cosa sarebbe invece successo se dopo due, tre, quattro, cinque mesi di misure autoritarie, arresti domiciliari, fallimenti, disoccupazione, suicidi, divorzi, distruzione del micro-tessuto socio-economico, sospensione delle libertà individuali, la gente avesse continuato ad ascoltare le rocambolesche vicende del virus-Babau solo dalla televisione o dai giornali. Per uno, due o tre mesi, la popolazione avrebbe potuto ancora star dietro alle storie mirabolanti, ad Astolfo che vola sulla luna o Münchhausen che cavalca una palla di cannone, ma dopo quattro, cinque o sei mesi, anche i più semplici avrebbero iniziato a porsi qualche domanda e qualche dubbio sarebbe venuto anche ai più spaventati. Adesso, invece, grazie ad una trovata abbastanza semplice ed a basso costo (poiché il Governo ha imposto l’obbligo, ma non ha fornito le mascherine), c’è la benda sul volto che è, al tempo stesso, un memento ed un talismano! Chapeau! Dopo una tale geniale trovata, prescindendo dal danno che questa provoca, chi potrebbe mai mettere in dubbio un fatto che sta ormai sulla faccia di tutti? Se il virus non si vede, la mascherina però la si vede, perbacco! D’un tratto, abbiamo persino dimenticato chi ci obbliga a portare questa pezza sul volto perché abbiamo iniziato a credergli ancor più di prima! Anzi, l’effetto combinato di disinformazione a mezzo stampa e la norma amministrativa portano gli spaventati a ringraziare, commossi, questa politica illuminata contro i loro interessi! Quale raffinatezza!

            Dolente oltre modo seco medesimo la sua sciocchezza piagnea…

            Il gambetto va ben oltre: pensate che, fino a pochi mesi fa, ogni cittadino libero e maggiorenne era ancora considerato responsabile della propria salute e del proprio corpo e, se voleva, poteva anche lanciarsi con il paracadute o scalare qualche ripida montagna con i chiari rischi connessi alle sue libere scelte. Ancora fino a pochi anni fa le femministe gridavano giustamente: “my body, my choice! (il mio corpo, la mia scelta)” e adesso? Chi scrive, ad esempio, non sapeva che mangiare dolcetti fosse un atto d’irresponsabilità e mancanza di rispetto verso la salute dei diabetici: ritenevo, con mio gravissimissimo errore, che se uno era diabetico aveva egli stesso la responsabilità di non mangiare pasticcini e gelati e non era una mia responsabilità quella di evitargli di mettersi in pericolo attraverso le sue scelte. Oggi abbiamo invece scoperto di essere colpevolizzabili – sempre attraverso la via talismanica della ben nota mascherina – della vita o morte di coloro a rischio di decesso a causa del Covid, ossia di persone con gravi condizioni sanitarie pregresse, spesso multiple, ed un’età superiore alla mortalità media, le quali sembra però facciano apparentemente di tutto per mischiarsi alla popolazione non a rischio dovendo, così, venir “protette” attraverso questo pezzo di stoffa che tutti, indistintamente, sono costretti a portare sul viso.

            A quanto pare, la responsabilità di coloro a rischio e che, malgrado questo, sembra continuino a confondersi con la popolazione attiva, andare sui mezzi pubblici, al cinema, a mettersi su spiagge affollate, etc. è adesso nelle mani di coloro i quali hanno un bassissimo coefficiente di rischio. Nel momento in cui questo presunto “principio di responsabilità” verrà esteso anche ai diabetici, addio dolciumi.
            È ovvio che si parla qui per amore di paradosso e nessuno vuol certo vedere persone appartenenti alle categorie a rischio contrarre un virus che può avere, per un numero molto basso di casi, delle conseguenze letali tanto quanto le può avere, per le stesse categorie, la comune influenza – ad oggi la Svezia o la Svizzera hanno adottato le misure più adeguate e ragionevoli in merito. Secondo il messaggio ufficiale, propagato parallelamente dalla politica e dai media (ma non erano indipendenti?), chi non mette la maschera è untore e dev’essere multato e, se protesta, persino incarcerato con l’applauso di tutti! Il dubbio, però, che qualcuno possa averci pensato sopra su questa vicenda e, per questo, si rifiuta di respirare CO2 e batteri non emerge, perché pensarci sopra, in una democrazia magnificentissima, non pare esser richiesto al cittadino. Quel che importa è obbedire, senza pensare, ai messaggi che provengono simultaneamente da sopra (il potere politico ed i suoi diciamo “suggeritori”) e di lato (i media).

         Historia magistra vitae?

            L’imposizione di una benda sul viso quale presunto segno di responsabilità morale nei confronti di quelli che dovrebbero avere la libertà costituzionale di esercitare la loro volontà è stata fatta diventare, in quasi tutti i Paesi, la narrazione dominante attraverso i soliti mezzi di disinformazione di massa con una facilità strabiliante per quella che ama proclamarsi come “l’epoca della conoscenza”. Se queste forme di convincimento – o di raggiro – sono così facilmente ottenibili, allora qualunque altra persuasione è anche agevolmente attuabile. La storia, vecchia magistra, è proprio lì a ricordarlo: se nello scorso secolo, attraverso forme di propaganda surreali, decisamente folli o interamente criminali – come la credenza che vi siano delle razze nel contesto della razza umana e che alcune tra queste siano superiori ad altre – si è riusciti ad aizzare popoli interi gli uni contro gli altri precipitandoli in spaventose guerre mondiali, come si fa allora a respingere tali eventi di manipolazione di massa nel dimenticatoio invece di averli costantemente presenti? Come si può rigettare con tanta irresponsabilità una storia da noi non lontana come se questa appartenesse ad un’altra specie o ad epoche remote ed irripetibili?
            A questo punto sarebbe magari utile considerare, con un po’ più di attenzione non mediatica, il buon cuore e la spassionata attenzione che i nostri politicanti e governanti hanno scoperto per la nostra salute. Sarebbe troppo lungo occuparsi dell’enorme quantità di casi in cui la salute del cittadino conta meno della suola di una scarpa bucata e citiamo qui: l’inquinamento industriale (8.31 milioni di morti l’anno nel 2017), tabagismo (7.1 milioni di morti p.a. nel 2017), fumo passivo (1.22 milioni), incidenti automobilistici (1.35 milioni) e questi sono solo alcuni numeri dove la politica potrebbe intervenire attivamente e ridurre drasticamente una somma di decessi che, solo per i casi citati, arriva ad un totale astronomico di 17.98 milioni di morti l’anno!!! Al momento (luglio 2020) il covid-1984 ha provocato – secondo i dati ufficiali che sono ampiamente contestabili – 578.000 decessi nel mondo. Anche se questo numero dovesse raddoppiare o persino triplicare avremmo 1.734.000 decessi, ossia una cifra che non raggiunge neppure il 10% (9.644048%) di una mortalità dovuta ad altre cause meglio documentate che potrebbero essere evitate da un deciso intervento politico contro l’inquinamento, il tabagismo, il traffico stradale eccessivo, etc. Insomma, quando si guarda ai fatti ed ai numeri, questi politici non sembrano poi così interessati alla nostra salute come appare invece dalla narrativa da panicodemia covid-1984 come propagandata dalla disinformazione di massa.
            A questo punto, anche volendo accettare la narrazione secondo cui le mascherine hanno davvero questo superpotere di bloccare la trasmissione del virus, l’altro problema serio, sia da un punto di vista giuridico, sia da uno squisitamente sociale e politico, è l’aver sottratto al cittadino l’autonomia sul corpo e sulla salute. In questo momento si moltiplicano i TSO e vengono pure applauditi! Quale disastro e, al tempo stesso, quale raffinatezza! Pensate poi a quando, sulla base dello stesso non-principio, verranno imposte ulteriori restrizioni alle libertà individuali o all’inviolabilità della persona! Si sta preparando il terreno per l’acclamazione, a furor di popolo, di norme e criteri che vanno apertamente contro le libertà fondamentali della persona, conquistate attraverso lunghe lotte materiali e concettuali nel corso della storia, ed il cittadino di questo mondo nuovo, con tutta la paccottiglia ideologica che gli è stata tirata addosso, è talmente pronto per la tirannide che sembra provenga da una realtà in cui il concetto di democrazia è stato soppresso da tempo.

         Mundige Burger vs. selbschuldige Unmündigkeit

            In momenti come quello attuale si mostra, con impressionante evidenza, quel rapporto simbiotico tra sentimento popolare e potere, ma anche la strabiliante capacità dell’apparato mediatico-politico di generare allucinazioni collettive. La normalizzazione culturale operata attraverso la scuola e la comunicazione di massa è giunta al punto in cui basta mostrarsi dubitativi o scettici nei confronti di tali apparati per ottenere, immediatamente, uno spegnimento cognitivo da parte del cittadino medio, una sorta di riflesso pavloviano indotto nelle maggioranze grazie a sottili tecniche di manipolazione generaliste. Se c’è un risultato strabiliante che questi apparati sono riusciti a conseguire è l’annientamento dei fatti e dell’evidenza logica – un tema già lamentato da Theodor Adorno – a favore delle narrative che questi sono in grado d’imporre. Quando, attraverso una lunga e complessa serie di strutture manipolative e di tecniche psicologiche, si è riusciti a far tramontare la forza dell’evidenza – quelle verità per se stesse evidenti (We hold these truths to be self-evident) che Thomas Jefferson utilizzava come elementi fondativi dei principi dell’indipendenza americana – a questo punto un potere costituito può raggiungere livelli di arbitrarietà illimitati: “The stupidity of men always invites the insolence of power. La stupidità degli esseri umani invita sempre l’insolenza del potere” ammoniva Ralph Waldo Emerson nel XIX secolo.

            Se il cittadino può esser gettato nell’infantilismo con una facilità così estrema e preoccupante ed una rapidità così impressionante è a causa di un’impostazione o direzione imposta alla socialità grazie al controllo dell’apparato scolastico e di quello di disinformazione da parte della politica e dei plutocrati: “chi detiene tutti i mezzi determina tutti i fini”, scriverà Friedrich von Hayek. Questa non è soltanto una situazione gravosa per l’individuo ma denuncia anche la lenta dissoluzione della socialità sotto gli artigli del tiranno-lupo.
            Uno Stato le cui restrizioni aumentano sempre più facendosi dettagliate e capillari è già un apparato repressivo il cui cappio si stringe, norma dopo norma, sul collo del cittadino trasformato lentamente in suddito. Quello che bisognerebbe chiedersi è se ci troviamo di fronte alla trasformazione dello Stato detto “democratico” in qualcosa d’altro. Platone utilizzava, per i governanti o “custodi dello Stato”, la metafora dei “cani di buona razza” (Politeia, 374b-376c), ma la metafora del cane contiene, in sé, anche quella del lupo ed il tiranno è proprio colui il quale, da buon cane di razza, si trasforma in lupo spietato (571c-d). Similmente, lo Stato democratico contiene, in potenza, anche lo Stato totalitario, com’era già ben chiaro ad Hegel nell’Ottocento – qui bisogna forse osservare che l’Italia del 1922 o la Germania del 1933 erano degli Stati democratici ed è sulla base delle democrazie, proprio come aveva teorizzato Platone, che sono emerse le dittature nazi-fasciste. Quella che ci proviene qui dalla storia recente non è una lezione da poco né un insegnamento facilmente rigettabile. Se c’è un particolare assioma della modernità che incombe sul cittadino, è quello dell’assenza di alternative (“there is no alternative”), ossia il mantra del Neoliberismo che, guarda caso, è anche un motto facilmente applicabile alla tirannide. In questo caso si tratta, però, di una tirannide bonaria, sorridente, che si prende cura di te, che ti salva dal virus-cattivone imponendo arresti domiciliari e violazioni a diritto fondamentali come la libertà di parola e l’inviolabilità del corpo, una politica talmente dedicata all’interesse dei cittadini che, però, chiude al tempo stesso gli ospedali, ignora i poveri e molto altro. Una tirannide, quando aspira ad un’immagine altra da sé, non può essere esente da contraddizioni. Questo è proprio uno degli elementi discriminanti tra una tirannide di tipo duro (fascismo, nazismo, stalinismo, Pinochet, etc.) ed una di tipo morbido: la tirannide dura non ha particolari contraddizioni con se stessa, mentre quella di tipo morbido è eternamente costretta dentro la contraddizione, dunque entro una lunga serie di non sequitur logici che emergono, costantemente, nel rapporto tra società e potere.

         Alienazione come cifra del mondo.

            La misura della dissoluzione della socialità è anche visibile nell’alienazione che questa induce nell’individuo – Kierkegaard si era accorto di questo già nell’Ottocento. L’alienazione è la cifra dell’homo novus. Questo modello di socialità alienante che la modernità conosce in massimo grado giunge a trasformare qualunque interazione umana in alienazione, anche in quegli aspetti dell’esistenza in cui questa non dovrebbe aver posto – nella modernità anche il sentimento diventa alienazione poiché trasformato nella ricerca di cose che gli sono estranee, un sentimento che proviene da un calcolo di profitti e perdite e non dalla relazione da cuore a cuore. L’alienazione, dunque, s’introduce in qualunque interstizio, domina ovunque, ha potere su tutto perché, in realtà, il cittadino non ha più alcun potere né sul mondo, né sulla propria vita. L’intera configurazione della socialità è orientata verso le determinazioni del potere e dell’apparato che questo produce. Peter Hitchens dirà: “We have a society of power, not reason, Abbiamo una società del potere, non della ragione”. In un simile contesto, l’individuo può anche essere lasciato nella condizione di viaggiare, di parlare, di interagire con altri, perché sarà libero tanto quanto un piccione ammaestrato o un cavallo domato. La libertà che gli è stata costruita attorno ha il sapore della gabbia e sarà egli stesso il proprio primo censore, il sorvegliante di sé e di quelli che incrocia sul proprio cammino. Quest’individuo diventato mero soggetto sociale è il prodotto, intenzionale o meno, di una socialità avversa che gli si pone di fronte, fin dai suoi primi passi nel mondo, con il chiaro intento di modellarne il cammino, una società che non lo vuole quale partecipante autenticamente attivo, ma come ingranaggio finalizzato al perseguimento dei fini di pochi. Questo non soltanto è alla radice dell’alienazione, ma anche di quell’horror vacui esistenziale che vede tanto nell’individuo, quanto nel mondo, un desolante nulla, un universo svuotato di qualunque trascendenza e privo di una qualsivoglia teleologia immateriale. L’individuo a cui viene insegnato di essere ingranaggio sente di esser venuto al mondo per obbedire, procreare, ingollarsi e morire ed è su questa visione del mondo che è stata disegnata una cosmologia del nulla e del vuoto.
            Il primo passo verso la direzione del nulla consiste proprio nella dimenticanza del pensiero: l’individuo che getta la propria esistenza nell’edite, bibite, copuli, post mortem nulla voluptas, rigetta la vita vera a favore di un vuoto che viene utilizzato, politicamente, per irretirlo e dominarlo. Pensare è, invece, resistere.

(Sergio Caldarella, “Menti raffinatissime...” Un minuscolo invito alla ragione nell’epoca della sragione, Il Pungolo, 18 luglio 2020)