In un’intervista su France24 Stéphane Hessel, l’autore del libro Indignez-vous!, si è dichiarato convinto del fatto che riusciremo a trovare una soluzione ai problemi che affliggono il mondo contemporaneo. Alla base del suo ottimismo Hessel pone la sua lunga esperienza da novantacinquenne e dice che, avendo visto durante la sua vita “problemi” che apparivano insormontabili come il nazismo, lo stalinismo o l’apartheid ed avendo esperienza del fatto che, nonostante tutto, questi orrori sono stati superati, questo gli ispira la fiducia della speranza nel futuro del mondo.
Una domanda: e se quei “problemi” di cui parla Stéphane Hessel non siano stati davvero superati e siano invece dei preoccupanti sintomi storici e il pericoloso retaggio di una certa natura umana che si impone sempre più? Se invece di problemi passati e risolti si trattasse di un traumatico passaggio da un punto all’altro di una storia che non sta procedendo verso prospettive migliori, ma regredisce con una strabiliante invisibilità? È solo un’ipotesi, ma proviamo invece ad immaginare che le ideologie totalitarie dello scorso secolo siano dei pioli sulla scala verso il basso che ha condotto all’epoca contemporanea, come si fa allora ad essere ancora ottimisti come il nostro buon Hessel?
La fiducia nel futuro della nostra specie è qualcosa che magari appare nobile, ma non ha un serio fondamento razionale né un solido appoggio storico. È una speranza, una come altre. Oppure quando ci guardiamo intorno o leggiamo le narrazioni della storia scorgiamo davvero un mondo pacifico, umano e compassionevole?
In realtà, se ben guardiamo alle nostre classi dirigenti ed ai vari sistemi sociali ormai pericolosamente omologati su scala globale, ci accorgiamo che le nostre presunte élite sono ancora più sgangherate e fallimentari di quelle che ci hanno condotto agli orrori del nazifascismo e delle guerre mondiali, allo stalinismo e al capitalismo. Queste classi dirigenti pensano ancora con la stessa perniciosa mentalità che ha costruito società illiberali, discriminatorie e discriminanti, ove l’individuo viene schiacciato, manipolato e subordinato agli interessi di quei soliti quattro furboni dietro le quinte. Come si fa allora a pensare che da questi sassi possa finalmente uscire dell’olio?
Difficile dire se la storia umana sia più una grande follia o una brutale narrazione che passa da una spaventosa idiozia ad un’altra. Quando gli esseri umani si distaccano da se stessi e non comprendono più verità semplicissime come la compassione, l’amore, il rispetto o la pace, separandosi dal loro essere autentico e profondo, fanno anche di tutto per dimenticare di avere natura mortale e così impiegano il loro tempo a rincorrere ciò che passa, lasciando che sfugga loro ciò che invece permane. La violenza, la superbia, il gioco dell’economia, sono appena alcune tra le numerose forme degli umani deliri indotti o motivati dalla dimenticanza di sé. Sentire la nostra natura mortale ci proteggerebbe dai giochi cattivi con i quali viene retto il mondo perché aiuterebbe a scorgere la piccolezza di quelli che si credono grandi e non renderebbe gli esseri umani proni a qualunque atto orribile solo per conseguire una posta in un gioco. La comprensione aiuterebbe a difendersi dalla spaventosa immaturità di chi vede nel mondo solo una selva, ma chi deve aiutarci a capire? Quelli che ci raccontano che va tutto bene?
(Sergio Caldarella)
Una domanda: e se quei “problemi” di cui parla Stéphane Hessel non siano stati davvero superati e siano invece dei preoccupanti sintomi storici e il pericoloso retaggio di una certa natura umana che si impone sempre più? Se invece di problemi passati e risolti si trattasse di un traumatico passaggio da un punto all’altro di una storia che non sta procedendo verso prospettive migliori, ma regredisce con una strabiliante invisibilità? È solo un’ipotesi, ma proviamo invece ad immaginare che le ideologie totalitarie dello scorso secolo siano dei pioli sulla scala verso il basso che ha condotto all’epoca contemporanea, come si fa allora ad essere ancora ottimisti come il nostro buon Hessel?
La fiducia nel futuro della nostra specie è qualcosa che magari appare nobile, ma non ha un serio fondamento razionale né un solido appoggio storico. È una speranza, una come altre. Oppure quando ci guardiamo intorno o leggiamo le narrazioni della storia scorgiamo davvero un mondo pacifico, umano e compassionevole?
In realtà, se ben guardiamo alle nostre classi dirigenti ed ai vari sistemi sociali ormai pericolosamente omologati su scala globale, ci accorgiamo che le nostre presunte élite sono ancora più sgangherate e fallimentari di quelle che ci hanno condotto agli orrori del nazifascismo e delle guerre mondiali, allo stalinismo e al capitalismo. Queste classi dirigenti pensano ancora con la stessa perniciosa mentalità che ha costruito società illiberali, discriminatorie e discriminanti, ove l’individuo viene schiacciato, manipolato e subordinato agli interessi di quei soliti quattro furboni dietro le quinte. Come si fa allora a pensare che da questi sassi possa finalmente uscire dell’olio?
Difficile dire se la storia umana sia più una grande follia o una brutale narrazione che passa da una spaventosa idiozia ad un’altra. Quando gli esseri umani si distaccano da se stessi e non comprendono più verità semplicissime come la compassione, l’amore, il rispetto o la pace, separandosi dal loro essere autentico e profondo, fanno anche di tutto per dimenticare di avere natura mortale e così impiegano il loro tempo a rincorrere ciò che passa, lasciando che sfugga loro ciò che invece permane. La violenza, la superbia, il gioco dell’economia, sono appena alcune tra le numerose forme degli umani deliri indotti o motivati dalla dimenticanza di sé. Sentire la nostra natura mortale ci proteggerebbe dai giochi cattivi con i quali viene retto il mondo perché aiuterebbe a scorgere la piccolezza di quelli che si credono grandi e non renderebbe gli esseri umani proni a qualunque atto orribile solo per conseguire una posta in un gioco. La comprensione aiuterebbe a difendersi dalla spaventosa immaturità di chi vede nel mondo solo una selva, ma chi deve aiutarci a capire? Quelli che ci raccontano che va tutto bene?
(Sergio Caldarella)