Umberto Eco, il pensator dei pensatori d'Italia, ha assemblato un nuovo scritto per il grande pubblico dal titolo Il cimitero di Praga. Il libro del professorone, già dai suoi primi vagiti, si trova in cima alle classifiche dei giornali e tradotto in diverse lingue. Questo libro è uno tra i tanti scritti di Eco in cui egli miscela la storia al racconto dando al lettore l'impressione di condividere la presunta erudizione del suo autore.
Eco possiede certamente molti libri ed anche quella forma peculiare dell'erudizione contemporanea che costituisce nel sapere quello che tutti gli altri sanno, magari con una sfumatura un po' diversa e un certo tocco di snobismo. Infatti in quest'ultimo libro, come al solito, non racconta nulla di nuovo ed anzi, il suo raggruppare citazioni di autori ed epoche diverse contribuisce proprio all'andazzo contemporaneo di mettere tutto in un bel calderone e dargli il nome di “nuovo”. Un po' come il pane con la milza (meuza) che vendono a Palermo, dove tutte le frattaglie di carne vengono messe in un grosso calderone e poi, calde e oleose, sbattute nel mezzo di un bel pezzo di pane. Così, nello stesso discorso attribuito al personaggio de Il cimitero di Praga, si trovano citazioni di Céline, Garibaldi, Nietzsche, e persino una "dotta" disquisizione di Bériot sulle capacità fecali teutoniche, messe tutte insieme, come se fossero state pensate dalla stessa testa e nella stessa epoca. Anche se questo assemblaggio sincretico passa per elevatissima cultura è invece quello che oggi si chiama con altro termine prestato dall'informatica, un processo di "copia e incolla". L'Alfieri avrebbe forse parlato di "colta corruzione" (Del Principe e delle Lettere, Libro II).
Eco del resto consola, rassicura, perché da buon politico quale è, sa come ammiccare al lettore e come raccontargli un fatterello dandogli l'idea di entrare in chissà quali stanze dell'intelletto e invece li accompagna soltanto nell'anticamera della casa di lenocinio che è l'Accademia e, conseguentemente, la cultura contemporanea. Ma del resto questo reinventare e rendere malleabili i fatti e la storia non è quello che fa il cinema a tutto spiano quando ti racconta dell'assedio di Troia con gli eroi Achei alti e dai capelli biondi o le vicende di Spartaco con l'orologio al polso? Ma anche la televisione, quando troppo spesso racconta una realtà che non assomiglia ormai in nulla e per nulla a quello che si vede fuori dall'uscio di casa. Sono cose alle quali dovremmo ormai essere abituati ed Eco sa benissimo come trarne vantaggio, se del resto c'è una cosa che rende Eco uno tra i più contemporanei intellettuali italiani è proprio la sua abilità nel trarre vantaggio dalle situazioni. Nei suoi exploit giornalistici il Nostro lamenta la perdita di memoria culturale dovuta all'inflazione d'informazione o alla scarsa attendibilità degli strumenti tecnologici moderni nella conservazione dell'informazione, ma di quello che fa lui, del suo esser sempre stato dalla parte di quelli che della cultura fanno vizio, di questo non si preoccupa, non se n'é mai preoccupato, né mai se ne preoccuperà.
Il cimitero di Praga è un racconto al cui centro si pretende vi sia uno dei più pericolosi testi antisemiti mai scritti, ossia i Protocolli dei Savi di Sion, la cui creazione viene da Eco attribuita al Simonini del suo libro. Ma il racconto sulla creazione dei Protocolli è molto più complessa e se uno vuole davvero conoscerne la storia farebbe bene a leggere il miglior libro che sia mai stato scritto in proposito ossia il trattato di Norman Rufus Colin Cohn Warrant for Genocide: The Myth of the Jewish World Conspiracy and the Protocols of the Elders of Zion (tradotto da Einaudi con Licenza per un Genocidio. I Protocolli degli Anziani di Sion). Ma anche il libro a fumetti di Will Eisner (The Plot. The Secret Story of the Protocols of the Elders of Zion) è molto meglio del romanzo di Eco, anche se quest’ultimo può ben proteggersi dietro lo scudo dell’invenzione letteraria. Eco fa sempre dei collage di cose che si sanno già ma questo, come dicevamo, serve per non far sentire il lettore troppo insicuro. Ci troviamo oggi in una situazione di naturale degrado della cultura e, conseguentemente, dell'intera società, ed Eco è solo uno dei tantissimi che si curano - e si sono sempre curati - unicamente di trarne vantaggio.
La stessa curiosità intellettuale di cui Eco si vanta è in gran parte una curiosità oziosa, si occupa di minuzie, le stesse che oggi finiscono in un quiz televisivo o sotto il tappo di una bottiglia di té Snapple.
Umberto Eco non cadrà ingloriosamente come altri, finirà i suoi giorni tranquillo e poi svanirà così com’è svanita Carolina Invernizio, per citarne solo una, così come svaniranno le varie Dacia Maraini, Susanna Tamaro e compagnia brutta.
Eco possiede certamente molti libri ed anche quella forma peculiare dell'erudizione contemporanea che costituisce nel sapere quello che tutti gli altri sanno, magari con una sfumatura un po' diversa e un certo tocco di snobismo. Infatti in quest'ultimo libro, come al solito, non racconta nulla di nuovo ed anzi, il suo raggruppare citazioni di autori ed epoche diverse contribuisce proprio all'andazzo contemporaneo di mettere tutto in un bel calderone e dargli il nome di “nuovo”. Un po' come il pane con la milza (meuza) che vendono a Palermo, dove tutte le frattaglie di carne vengono messe in un grosso calderone e poi, calde e oleose, sbattute nel mezzo di un bel pezzo di pane. Così, nello stesso discorso attribuito al personaggio de Il cimitero di Praga, si trovano citazioni di Céline, Garibaldi, Nietzsche, e persino una "dotta" disquisizione di Bériot sulle capacità fecali teutoniche, messe tutte insieme, come se fossero state pensate dalla stessa testa e nella stessa epoca. Anche se questo assemblaggio sincretico passa per elevatissima cultura è invece quello che oggi si chiama con altro termine prestato dall'informatica, un processo di "copia e incolla". L'Alfieri avrebbe forse parlato di "colta corruzione" (Del Principe e delle Lettere, Libro II).
Eco del resto consola, rassicura, perché da buon politico quale è, sa come ammiccare al lettore e come raccontargli un fatterello dandogli l'idea di entrare in chissà quali stanze dell'intelletto e invece li accompagna soltanto nell'anticamera della casa di lenocinio che è l'Accademia e, conseguentemente, la cultura contemporanea. Ma del resto questo reinventare e rendere malleabili i fatti e la storia non è quello che fa il cinema a tutto spiano quando ti racconta dell'assedio di Troia con gli eroi Achei alti e dai capelli biondi o le vicende di Spartaco con l'orologio al polso? Ma anche la televisione, quando troppo spesso racconta una realtà che non assomiglia ormai in nulla e per nulla a quello che si vede fuori dall'uscio di casa. Sono cose alle quali dovremmo ormai essere abituati ed Eco sa benissimo come trarne vantaggio, se del resto c'è una cosa che rende Eco uno tra i più contemporanei intellettuali italiani è proprio la sua abilità nel trarre vantaggio dalle situazioni. Nei suoi exploit giornalistici il Nostro lamenta la perdita di memoria culturale dovuta all'inflazione d'informazione o alla scarsa attendibilità degli strumenti tecnologici moderni nella conservazione dell'informazione, ma di quello che fa lui, del suo esser sempre stato dalla parte di quelli che della cultura fanno vizio, di questo non si preoccupa, non se n'é mai preoccupato, né mai se ne preoccuperà.
Il cimitero di Praga è un racconto al cui centro si pretende vi sia uno dei più pericolosi testi antisemiti mai scritti, ossia i Protocolli dei Savi di Sion, la cui creazione viene da Eco attribuita al Simonini del suo libro. Ma il racconto sulla creazione dei Protocolli è molto più complessa e se uno vuole davvero conoscerne la storia farebbe bene a leggere il miglior libro che sia mai stato scritto in proposito ossia il trattato di Norman Rufus Colin Cohn Warrant for Genocide: The Myth of the Jewish World Conspiracy and the Protocols of the Elders of Zion (tradotto da Einaudi con Licenza per un Genocidio. I Protocolli degli Anziani di Sion). Ma anche il libro a fumetti di Will Eisner (The Plot. The Secret Story of the Protocols of the Elders of Zion) è molto meglio del romanzo di Eco, anche se quest’ultimo può ben proteggersi dietro lo scudo dell’invenzione letteraria. Eco fa sempre dei collage di cose che si sanno già ma questo, come dicevamo, serve per non far sentire il lettore troppo insicuro. Ci troviamo oggi in una situazione di naturale degrado della cultura e, conseguentemente, dell'intera società, ed Eco è solo uno dei tantissimi che si curano - e si sono sempre curati - unicamente di trarne vantaggio.
La stessa curiosità intellettuale di cui Eco si vanta è in gran parte una curiosità oziosa, si occupa di minuzie, le stesse che oggi finiscono in un quiz televisivo o sotto il tappo di una bottiglia di té Snapple.
Umberto Eco non cadrà ingloriosamente come altri, finirà i suoi giorni tranquillo e poi svanirà così com’è svanita Carolina Invernizio, per citarne solo una, così come svaniranno le varie Dacia Maraini, Susanna Tamaro e compagnia brutta.
Suggestivo pensare che quando la cultura ebbe origine aveva anche lo scopo di fare da contraltare alla mediocre volgarità di questa gente.
Sergio Caldarella