Ogni precisa
determinazione di un pervertimento è cosa troppo semplice. Il pervertimento di
chi vive da sofista è, infatti, un pervertimento che si rivela in ogni campo e
in tutte le forme. Viene appena inteso in una certa maniera ed ecco che è già cambiato.
Il sofista, la possibilità del quale scaturisce dall’ordine dell’esistenza come
una vaga e imprecisa minaccia per l’avvenire dell’uomo, può essere soltanto
descritto nella forma di un continuo traviamento. A volerlo descrivere e
determinare, finisce con l’acquistare sempre dei lineamenti già troppo precisi.
Con evidenza a prima vista affatto
naturale, egli non si trova mai in un luogo determinato. Versato in tutto, si
appiglia a piacere ad ogni possibilità, ora a questa ora a quella.
Si offre sempre come collaboratore.
Infatti egli tiene ad essere sempre presente. Cerca di evitare ogni vero
conflitto, di non farlo mai venire chiaramente alla luce. Mostrandosi obbligato
e devoto in tutte le maniere, in fondo vuole solo affermarsi e farsi valere,
incapace com’è di una vera ostilità, che per ragioni più serie entri, nello
stesso piano, in un conflitto decisivo con gli altri.
Ove tutto gli va male, egli è il
contrario, egli sa inchinarsi ed eclissarsi per ripresentarsi lì da capo quando
la burrasca è passata. A lui diventa possibile trovare il modo di fare il
proprio interesse, anche quando la situazione si presenta senza uscita e
affatto disperata. Si adopera per allacciare relazioni da per tutto. Si figura
che tutti non debbano far altro che averlo caro e rendergli dei favori. Nel
modo di comportarsi dei suoi affari si piega facilmente quando s’incontra con
la forza; è brutale e perfido, quando la forza non c’è più. È patetico quando non
gli costa niente. È sentimentale quando la testardaggine viene vinta e domata.
Quando riesce a conquistare un
predominio e una solida posizione, diventa, da umile che era, aggressivo contro
chiunque si faccia valere veramente come persona. Sotto la veste dello sdegno e
dell’indignazione, rivolge il suo odio contro tutto ciò che c’è di veramente
nobile nell’uomo. Infatti riduce al nulla tutto ciò che gli possa capitare.
Invece di mettersi davanti alla possibilità del nulla, egli crede nel nulla. Di
fronte ad ogni essere, smania di convincersi, a modo suo che esso non è niente.
Per questo, nonostante che egli tutto conosca, sono per lui cose estranee il
pudore e la lealtà.
Si lascia andare pateticamente a un
radicale malcontento, e assume le pose di un eroismo del sopportare. Gli è
abituale l’atteggiamento dell’ironia campata in aria e fuori dalle condizioni effettive
della vita e dell’esistenza.
Il sofista è privo di carattere, pur
senza essere cattivo. È amichevole e ostile, servizievole e sgarbato. Ma non è
niente di tutto questo nel senso vero della parola. Fa le piccole porcheriole e
birbonate, ed è anche decoroso e rispettabile, ma mai in grande stile. Non sa
essere un diavolo coerente con se stesso.
Non è mai un vero avversario, non prende mai una posizione netta. Dimentica
tutto. Non conosce dentro di se’ nessuna responsabilità; ma ne parla in continuazione.
Gli manca l’indipendenza di chi sa che può valere qualcosa per conto suo. Non
gli rimane che la libertà incondizionata di chi sa di non esser niente, e
quindi l’audacia nell’asserire e sostenere delle opinioni che si prestano a
essere mutate a piacere da un momento all’altro.
Trova l’unico suo comodo rifugio nel
campo intellettuale. Solamente qui si sente a suo agio, perché solamente qui si
tratta di poter trasformare, nel movimento del pensare, ogni cosa. Tutto egli
scambia e travisa in una cosa diversa. Non può mai raggiungere e far sua
nessuna vera conoscenza, dato che gli manca ogni base di vera personalità.
Oscilla di qua e di là secondo la situazione, dalla superstizione che deriva
dalla scienza alla superstizione che contrasta con la scienza.
La sua vera passione è la
discussione. Ha bisogno di parole energiche e risolute. Assume posizioni
radicali. Ma non le mantiene saldamente. Quello che un altro può dire, lo
accetta. Dà a intendere a ognuno col quale si trovi a discutere, che quello
ch’egli dice va bene, salvo solamente ad aggiungere questo e modificare quello.
Acconsente e si trova completamente d’accordo con l’altro, per fare come se
niente fosse stato detto.
Quando nella discussione gli capita
un avversario che sappia essere un uomo e abbia una propria personalità, un
avversario per il quale il campo intellettuale non rappresenti niente per se
stesso, ma sia solamente il mezzo con cui l’essere si rivela, allora diventa di
una volubilità e mutevolezza davvero straordinaria. Eccitato fino all’estremo
limite perché la sua esistenza, per il valore che possa avere, gli sembra
pregiudicata, sposta continuamente il punto di vista, ed entra sempre in nuovi
campi di discussione. Accentua per un momento l’assoluta realtà obiettiva dei
fatti, per diventare ben presto passionale, da un punto di vista affatto
soggettivo e personale. Viene incontro tutto premuroso per mettersi d’accordo
su di una formula, come se lí si nascondesse la verità. Diventa piagnucoloso, e
subito dopo è capace anche di ribellarsi. In nessuna cosa c’è per lui
consistenza e coerenza. Ma a lui è ancora più caro esser disfatto in modo
schiacciante che non far proprio nessuna bella figura.
Per lui è condizione di vita poter
trattare ogni cosa razionalmente. Accetta e ammette senza alcuna eccezione modi
di pensare, categorie e metodi; ma solo come forme di espressioni retoriche, e
non come movimenti mentali del conoscere, importanti anche per il contenuto. Pensa
con coerenza sillogistica per ottenere, con mezzi logicamente conosciuti, un
successo momentaneo. Si serve della dialettica per piegare e trasformare
ingegnosamente in affermazioni contrarie tutto ciò che possa essere stato
detto. Conta su esempi e fatti intuitivi, sulla pura e semplice intelligibilità
delle cose, senza accostarsi però mai e sentirsi vicino ad alcuna cosa
concreta. Infatti egli, dal punto di vista della retorica, si preoccupa
dell’effetto da ottenere, e non già delle conoscenze esatte da raggiungere. Conta
sulla smemorataggine di tutti gli altri. Il pathos
della sua risolutezza retorica gli permette di sfuggire abilmente a tutto ciò
che potrebbe coglierlo e imbrigliarlo. Giustifica e condanna, secondo quel che
gli fa comodo. Ciò che dice è un giocherellare senza preoccuparsi di venire a
costruire qualche cosa di serio nella successione del tempo. Trovarsi a
contatto e in comunicazione con lui, è come venirsi a perdere nel vuoto. Non ne
vien fuori niente, dato che egli guazza e fa dei tonfi nell’acqua a suo
piacere. Impicciarsi e avere a che fare con lui significa sciupare se stesso.
Nell’insieme egli è angosciosamente tutto dominato dalla coscienza del suo
niente. Eppure non vuol fare il salto che lo porterebbe veramente all’Essere.
Con siffatte descrizioni non si
finirebbe mai. Queste si aggirano intorno ad una potenza anonima, che segretamente
vorrebbe rendersi padrona di tutti noi, sia per trasmutarci in se stessa, sia
per escluderci dal nostro esserci.